Il capitalismo della sorveglianza videoludica
Matteo Bittanti
Università IULM
23 dicembre 2022
TRASCRIZIONE
Buongiorno a tutti, il mio nome è Matteo Bittanti e sono Professore Associato in media studies presso l’Università IULM di Milano. In questa sintetica presentazione vorrei discutere alcuni aspetti legati al tema del capitalismo della sorveglianza videoludica, prendendo spunto dal saggio di Ulysses Pascal incluso nel volume Game Over. Critica della ragione videoludica, pubblicata da Mimesis nel dicembre 2020. Questo intervento rientra nel più ampio progetto di ricerca sulla relazione tra politica e videogiochi, ideologia e immaginario elettronico, un tema trattato anche nel volume Reset, pubblicato nel gennaio 2023 da Mimesis.
La mia rifelssione prende avvio da una recente notizia. Il 19 dicembre 2022, i principali media di informazione hanno riportato che il publisher Epic Games pagherà circa mezzo miliardo di dollari - per la precisione 520 milioni di dollari - per le accuse di truffa e violazione della privacy dei bambini che utilizzano i videogiochi che produce. Nello specifico, le autorità federali statunitensi hanno accusato il creatore di Fortnite e di altri titoli di successo di aver violato la privacy dei bambini e aver ingannato milioni di utenti con acquisti online indesiderati.
Introdotto sul mercato nel 2017, Fortnite è diventato rapidamente un fenomeno di massa, specie tra i giovani. Più di un semplice videogioco battle royale - un genere videoludico che applica alla lettera l’ideologia neoliberista per cui la società è concepita come una competizione sfrenata che esclude ogni forma di cooperazione e premia esclusivamente l’individuo - Fortnite è diventato un popolare spazio di socializzazione e di interazione parasociale, nonché un luogo promozionale per brand e prodotti di ogni tipo. In breve, per usare un termine abusato e largamente incompreso dal mainstream, è un metaverso.
In termini assai più prosaici, Fortnite, come la maggior parte dei videogiochi free to play, è una colossale macchine per fare soldi. L’apparente gratuità del prodotto è un mero specchietto per le allodole. Fortnite incentiva infatti una miriade di micro-transazioni che hanno spinto centinaia di migliaia di minorenni ad accumulare spese sulla carta di credito dei genitori per acquistare oggetti digitali come abiti e armi per i personaggi disponibili. Questi acquisti, insieme a prodotti correlati, hanno contribuito a trasformare Fortnite in un blockbuster da un miliardo di dollari per Epic Games, che oggi vanta oltre 400 milioni di utenti attivi.
Il 19 dicembre 2022, la Federal Trade Commission (FTC) ha accusato l’azienda di aver raccolto illegalmente i dati personali dei bambini, di aver danneggiato i giovani giocatori abbinandoli a sconosciuti su Fortnite e di aver consentito loro di comunicare via chat senza informare i genitori o dare loro la possibilità di monitorare le conversazioni e, separatamente, di aver utilizzato tecniche di manipolazione note come “dark pattern” (letteralmente modelli oscuri), per ingannare milioni di giocatori e indurli a fare acquisti non intenzionali usando la moneta virtuale V-Bucks fino al 2018, bloccando i conti degli utenti che hanno contestato gli addebiti non autorizzati tramite le società di carte di credito (oltre il danno, la beffa). La FTC ha inoltre stabilito che Epic Games ha ignorato più di un milione di reclami degli utenti relativi ad addebiti errati e ha utilizzato test interni per rendere le funzioni di annullamento e di rimborso più difficili da individuare. Il documento può essere consultato qui. Per chi non lo sapesse, la FTC è un’agenzia governativa statunitense, istituita nel 1914 a seguito del Federal Trade Commission Act, che tutela i consumatori, eliminando, riducendo e/o prevenendo pratiche commerciali anticoncorrenziali, come il monopolio coercitivo, che, non a caso, è il modus operandi di Big Tech.
Questa sentenza - che avrà delle enormi ripercussioni per il settore dei videogiochi - ha visto Epic accettare senza discutere di pagare la somma record di 520 milioni di dollari in multe e rimborsi per risolvere le accuse della FTC. L’intervento dell’istituzione americana coincide con un momento particolarmente gravido di significato: le agenzie governative statunitensi si sono finalmente risvegliate da un lungo torpore e hanno finalmente denunciato l’enorme pericolosità che le app della Silicon Valley rappresentano per la società nel suo complesso e, in particolare, per i più giovani in termini di privacy, sicurezza e salute mentale. Questo non vale solo per i social media - la cui tossicità è nota e documentata - ma anche per i videogiochi, un medium che, nelle sue manifestazioni più obbrobriose, si è dimostrato particolarmente dannoso ben al di là dei contenuti violenti che simula.
Queste importanti iniziative legislative sono guidate da Lina M. Khan, attuale direttrice della FTC, particolarmente sensibile ai pericolosi legati all’industria tecnologica nel suo complesso. La stessa Khan si è mossa in modo aggressivo per bloccare il consolidamento monopolistico tra le aziende che producono videogiochi, presentando un’azione legale per bloccare l’acquisizione da 69 miliardi di dollari da parte di Microsoft di Activision Blizzard, l’azienda responsabile del popolare e controverso sparatutto in soggettiva Call of Duty, un tema sul quale torneremo nelle prossime settimane.
Da parte sua, Epic Games ha risposto con la tipica formula vuota delle pubbliche relazioni, affermando di “aver adottato nel corso degli anni diverse misure di tutela della privacy e degli acquisti dei bambini”, un’affermazione non solo sconfessata dai fatti, ma risibile nella sua ipocrisia. Lo dimostra il fatto che l’azienda abbia accettato immediatamente di pagare 275 milioni di dollari per risolvere le accuse delle autorità di regolamentazione di aver violato una legge federale, il Children's Online Privacy Protection Act (COPPA), avendo raccolto per anni informazioni personali di bambini sotto i 13 anni che giocavano a Fortnite senza ottenere il consenso verificabile di un genitore. Inoltre, come si legge nel documento della FTC, l’azienda ha costretto i genitori a “fare i salti mortali” per ottenere la cancellazione dei dati dei loro figli e a volte non ha rispettato le richieste di cancellazione. Questo comportamento, si noti, è tutt’altro che raro per le aziende della Silicon Valley, che operano in un settore scarsamente regolato per via delle intense attività di lobbying sui politici americani. La multa a Epic Games supera di gran lunga quella a Google nel 2019, accusata di aver raccolto illegalmente i dati dei bambini su YouTube e di averli utilizzati per indirizzare loro annunci pubblicitari. In quel caso, l’entità della sanzione era di 170 milioni di dollari.
Nel reclamo sulla privacy presentato lunedì 19 dicembre, la FTC ha affermato che Epic Games ha causato un danno “sostanziale” ai bambini abbinando bambini e adolescenti a estranei adulti per giocare a Fortnite e abilitando le chat vocali e di testo in diretta per impostazione predefinita. I bambini e gli adolescenti sono stati “bullizzati, minacciati e molestati all’interno di Fortnite, anche sessualmente”, si legge nella denuncia, aggiungendo che alcuni sono stati esposti a temi traumatizzanti come il suicidio e l’autolesionismo attraverso il gioco. Epic Games era a conoscenza di tali danni, si legge nella denuncia, e ha notato come il direttore dell'esperienza utente dell’azienda avesse inviato un’e-mail ai dirigenti nel 2017 per chiedere “misure adeguata per limitare la tossicità delle interazioni online” per i bambini su Fortnite e per chiedere la disattivazione della chat vocale. Anche se Fortnite ha introdotto alcuni controlli sulla privacy e sui genitori nel corso degli anni, i legislatori hanno affermato che le modifiche “non hanno alleviato in modo significativo questi danni o messo i giocatori in condizione di evitarli”.
Come parte dell’accordo proposto, Epic Games è tenuta ad adottare impostazioni predefinite ad alta privacy per i bambini e gli adolescenti, tra cui la disattivazione delle chat vocali e di testo in tempo reale per gli utenti più giovani. Si tratta della prima volta che la FTC ha imposto tali misure. La sanzione a Epic Games rappresenta un episodio tutt’altro che isolato e probabilmente è il primo di una serie di iniziative rivolte all’industria dei videogiochi, un settore che muove cifre colossali usando l’escamotage del gioco per collezionare e rivendere i dati personali degli utenti, seguendo i meccanismi del capitalismo della sorveglianza discussi da Shoshana Zuboff nel suo seminale volume pubblicato in Italia da Luiss University Press. Lo scrutinio delle società che operano nel settore dei videogiochi è una delle priorità della FTC, per lo meno finché sarà diretta da Khan e i Democratici saranno alla guida del Paese: è noto infatti che i politici Repubblicani sono tutt’altro che interessati a difendere la privacy dei più giovani: alcuni ex-rappresentanti dell’Amministrazione Trump occupano infatti posizioni di potere nelle più importanti software house americani. L’industria videoludica americana è politicamente collocata a destra e, in alcuni casi, all’estrema destra dello spettro ideologico. Per esempio, nel marzo 2021 Activision Blizzard ha assunto come nuovo direttore amministrativo (CFO): l'ex membro dell'amministrazione di Donald Trump Brian Bulatao, soprannominato da Business Insider “il cane da guardia di Mike Pompeo”.
Nonostante la resistenza dei Repubblicani e delle lobby che rappresentano la potente industria dei videogiochi, i legislatori Democratici sono riusciti a introdurre leggi che proteggono la sicurezza dei più giovani online. Per esempio, lo scorso settembre è stata introdotta un requisito che impone alle aziende di attivare le impostazioni di privacy più rigorose per i bambini per impostazione predefinita e di disattivare alcune funzioni, come il tracciamento preciso della posizione geografica, che potrebbero esporli a rischi. L’entrata in vigore della legge è prevista per il 2024. Com’era prevedibile, un gruppo di interesse dell’industria tecnologica ha citato in giudizio lo Stato della California nel tentativo di bloccarla. Anche il Congresso degli Stati Uniti stava lavorando per migliorare la sicurezza online dei giovani, ma dopo la recente vittoria dei Repubblicani ai midterms, ogni tipo di legislazione in materia verrà probabilmente sacrificata in nome della “deregulation” e del “libero mercato”, con intuibili ripercussioni.
Epic Games ha inoltre accettato di pagare 245 milioni di dollari per rimborsare i consumatori in seguito alle accuse di aver utilizzato pratiche online manipolative per ingannare giocatori di tutte le età e indurli a fare acquisti non voluti. La FTC ha annunciato l’anno scorso l’intenzione di dare un giro di vite ai modelli “dark pattern” appositamente concepiti per manipolare i consumatori e indurli a fare scelte indesiderate. Questo meccanismo, al limite della legalità, è pressoché pervasivo per ogni forma di interazione commerciale online e non solo nei videogiochi. Si tratta di un comportamento eticamente scorretto che andrebbe vietato in modo perentorio. Un dark pattern - noto anche come “deceptive design pattern”, ovvero design ingannevole - è un’interfaccia utente appositamente realizzata per ingannare gli utenti. Si pensi all’acquisto di un’assicurazione a prezzo maggiorato o la sottoscrizione di bollette ricorrenti oppure l’accettazione di cookie di profilazione non strettamente necessari. Il neologismo è stato coniato nel luglio 2010 dall’esperto di interactive design Harry Brignull che ha creato una libreria di dark pattern con l’obiettivo specifico di nominare e svergognare le interfacce utente ingannevoli. Nel 2012 la Electronic Frontier Foundation e Consumer Reports hanno creato un archivio per raccogliere informazioni sui dark pattern dal pubblico. Nonostante queste iniziative, le aziende hanno continuato imperterrite a creare interfacce ingannevoli con lo scopo esplicito di incentivare azioni indesiderate da parte degli utenti. Il fenomeno è assai diffuso nel caso dei videogiochi, fatto particolarmente disdicevole considerando che gli utenti primari sono minorenni.
L’importo della multa - 245 milioni di dollari - è superiore ai precedenti rimborsi richiesti in passato dalla dalla FTC. Nella denuncia mossa a Epic Games, i rappresentanti del governo hanno dichiarato che l’interfaccia utente di Fortnite ha un layout controintuitivo, incoerente e confuso che porta gli utenti a incorrere in addebiti con la pressione di un solo pulsante. Secondo la denuncia, i giocatori potevano subire addebiti mentre cercavano di attivare il gioco dalla modalità di pausa o mentre il gioco stava caricando una schermata. I bambini finivano per accumulare addebiti all'insaputa dei genitori. Nonostante le numerose lamentele dei giocatori e le suppliche dei dipendenti, l’azienda ha utilizzato tattiche manipolative per dissuadere i consumatori dall’annullare gli addebiti non autorizzati o dal richiedere il rimborso, secondo le autorità di regolamentazione. Secondo l’agenzia governativa, queste tecniche oscure hanno generato centinaia di milioni di dollari di addebiti indesiderati per gli utenti.
Le iniziative della FTC fanno seguito ad analoghe manovre intraprese dal governo britannico tra il 2020 e il 2021 che hanno introdotto una serie di leggi per tutelare gli utenti più giovani che utilizzano videogiochi multiplayer, una delle espressioni videoludiche più problematiche e controverse, anche per la capacità, tutt’altro che casuale, di creare dipendenza. I legislatori britannici, guidati dai laburisti, avevano imposto a Epic Games di istituire la verifica dell'età per i bambini in Gran Bretagna, richiedendo agli utenti di età inferiore ai 13 anni di ottenere il consenso verificato di un genitore prima di poter utilizzare Fortnite. Nonostante le fortissime resistenze dell’industria videoludica, il governo britannico è riuscito a fare passi in avanti per difendere gli utenti da questi prodotti nocivi.
Nell’importante saggio incluso in Game over, “La ludicizzazione dei videogiochi”, Ulysses Pascal, un dottorando presso il dipartimento di Studi sull’informazione dell’UCLA che studia la globalizzazione delle infrastrutture di informazione finanziaria, ha fatto notare che la funzione primaria dei videogiochi contemporanei è quella di collezionare e rivendere a terzi le informazioni degli utenti attraverso le loro interazioni. Pascal ci ricorda che, per le grandi corporation dell’high tech, i videogiochi non sono altro che dispositivi per carpire informazioni e “profilare” i consumatori. In questo senso, il videogioco ha anticipato la logica del panottico digitale tipica dei social media. Il gioco elettronico è infatti paragonabile a un playground dotato di telecamere che riprendono in tempo reale e senza sosta non solo le azioni del soggetto, ma anche le sue intenzioni.
Il videogioco è un medium che prevede una fruizione prolungata e continuativa e dunque ben si presta a operazioni di estrazione massiva e gestione granulare delle informazioni personali, un fenomeno che Zuboff ha descritto in modo penetrante nel suo libro Il Capitalismo della sorveglianza. In particolare, la studiosa di Harvard ha illustrato il modo in cui Pokémon Go di Niantic è stato appositamente sviluppato per catturare il surplus informazionale degli utenti e per influenzare le loro azioni nel mondo reale, dimostrando che l’influenza del videogioco è estremamente efficace nel condizionare le scelte di consumo e le preferenze d’acquisto, tra le altre cose. Questo tema è stato successivamente sviluppato, in chiave psicoanalitica, da Alfie Bown nel libro Il sogno videoludico, anch’esso pubblicato da Luiss University Press.
Pascal, Zuboff e Bown ci ricordano che, al pari dei social media – enormi spugne che assorbono incessantemente i dati di milioni di utenti per fini di lucro – i videogiochi sono laboratori per svolgere esperimenti psicosociali in tempo reale spesso all’insaputa degli utenti: oggi sono i videogiochi a giocare i giocatori. Pascal ha concluso il suo saggio con la seguente domanda: “Se accettiamo il cliché secondo il quale ‘i giochi sono una serie di scelte interessanti’, è giunto il momento di iniziare a chiedersi per chi.”
Le recenti iniziative della FTC forniscono una risposta chiara.
Riferimenti bibliografici
Bittanti M. (a cura di), Reset. Politica e videogiochi, Mimesis Edizioni, Milano 2023.
Bittanti M. (a cura di), Game Over. Critica della ragione videoludica, Mimesis Edizioni, Milano 2020.
Alfie Bown, Il sogno videoludico, Luiss University Press, Roma 2022.
Bown A., Il sogno videoludico, Luiss University Press, Roma, 2022.
Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza, Luiss University Press, Roma 2019.
Ludografia
Fortnite, Epic Games, 2017
Pokémon Go, Niantic/Nintendo, 2016
Presentazioni correlate