Di seguito la bozza di un saggio per un volume antologico di prossima pubblicazione sul podcast curato da Gaia Varon per Mimesis Edizioni.
Si tratta dell'analisi di The Daily, il podcast del New York Times condotto da Michael Barbaro e introdotto nel 2017. La versione che segue è priva di note. Il testo completo (non definitivo) è accessibile in formato PDF: Bittanti_The Daily_casestudy
The Daily, il paradigma delle “news as narrative”
Matteo Bittanti
Seguito quotidianamente da oltre due milioni di ascoltatori, The Daily è il più popolare podcast di attualità negli Stati Uniti. Prodotto dal New York Times e condotto dal giornalista Michael Barbaro, The Daily è disponibile on demand durante i giorni feriali. Realizzato da un numero di giornalisti, producer e sound editor del quotidiano statunitense compreso tra venti e venticinque, è stato introdotto il primo febbraio 2017 come evoluzione di The Run-Up, un podcast incentrato sulle elezioni presidenziali americane del 2016, condotto dallo stesso Barbaro.
Ciascun episodio ha una durata non superiore ai trenta minuti e prevede solitamente un’intervista ai giornalisti del Times che illustrano e commentano gli aspetti salienti del loro articolo più recente su un tema di rilevanza nazionale e internazionale. La conversazione è spesso arricchita da reportage inediti, aggiornamenti dell’ultima ora e uno scambio con le personalità menzionate nel pezzo. A sua volta, la pagina dedicata all’episodio sul sito del New York Times fornisce informazioni aggiuntive, approfondimenti e commenti dei lettori. Incorniciato e inframezzato da annunci pubblicitari della durata di quindici o trenta secondi, The Daily si apre con la formula standard: “From The New York Times, I’m Michael Barbaro. This is The Daily” (Sono Michael Barbaro del New York Times. Questo è il Daily), prosegue con il sostantivo programmatico “Today” che introduce l’argomento del giorno e si conclude con un breve riassunto delle altre notizie significative attraverso la formula: “Here’s what else you need to know today” (Ecco cos’altro c’è da sapere oggi). La chiosa finale è “That’s it for The Daily. I’m Michael Barbaro. See you tomorrow” (Questo è tutto per il Daily. Sono Michael Barbaro. Ci vediamo domani).
Fruibile gratuitamente sul sito del Times, il podcast può essere consumato anche attraverso app, dispositivi e piattaforme. Considerato “il prodotto del Times di maggior successo da un decennio a questa parte”, The Daily ha generato diversi spin-off, tra cui i podcast The New Washington e The Latest, dedicati rispettivamente alla scena politica statunitense e al fallito tentativo di impeachment del presidente Donald Trump. Dall’aprile 2018, The Daily è stato integrato al palinsesto di oltre quaranta radio statunitensi del circuito American Public Media nella fascia serale anziché mattutina. Nel gennaio 2019, il Times ha introdotto una newsletter dedicata nonché le trascrizioni integrali di ogni episodio, integrando così il testo all’audio. Nel giugno 2019, ha prodotto The Weekly, trasmesso dall’emittente americana FX e dalla piattaforma digitale Hulu. Tuttavia, il settimanale di attualità non ha eguagliato il successo del podcast, perdendo la sfida con consolidati rotocalchi come 60 Minutes. Ciononostante, il Times sta valutando la possibilità di trasformare alcuni episodi del Daily in serie televisive, film per la televisione e produzioni cinematografiche a tutto tondo.
Nel tentativo di bissare la popolarità del The Daily, aziende pubbliche e private che operano nel settore dell’informazione e dell’intrattenimento hanno creato podcast di attualità che presentano temi e formati simili. Tra i più seguiti spiccano Up First (NPR) e Today, Explained (Vox Media) negli Stati Uniti nonché The Intelligence (The Economist) e Today in Focus (The Guardian) in Gran Bretagna.
Produzione e consumo
Prima del Daily, le ambizioni del New York Times in materia di podcast erano relativamente modeste. Il catalogo si limitava a una manciata di proposte – come The Book Review o Popcast, dedicate rispettivamente ai libri e alla pop culture – gestite in modo relativamente autonomo dalle rispettive redazioni. Ma a partire dal 2016 – in seguito al grande successo di podcast narrativi come Serial e S-Town – il Times ha cambiato strategia, investendo ingenti somme per incrementare e diversificare l’offerta di contenuti audio. Il punto di svolta risale all'estate del 2016 e ha coinciso con l’ingaggio di Lisa Tobin, una giovane producer di grande talento già in forza presso l’emittente radiofonica WBUR di Boston. Il suo primo incarico al New York Times è stata la curatela delle versioni audio della popolare rubrica “Modern Love”. Ha inoltre prodotto l’ambiziosa serie Caliphate, basata sui reportage della corrispondente nel Medio Oriente Rukmini Callimachi sullo Stato Islamico. Dopo il successo del summenzionato The Run Up, Tobin è diventata la principale producer audio del Daily.
Introdotto poco meno di due settimane prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca – il timing è tutt’altro che casuale – The Daily nasce con l’obiettivo di rispondere in modo chiaro e diretto a una domanda apparentemente semplice: “Cos’è successo?” L’inaspettata vittoria di Trump alle elezioni presidenziali del 2016 ha generato una richiesta di news senza precedenti da parte del pubblico. Questa “fame di informazione” è perfettamente descritta dal critico d’arte Ismail Muhammad,
La situazione è cambiata drasticamente dopo le elezioni del 2016. Scioccato dalla vittoria di Donald Trump, ho deciso di modificare radicalmente le mie abitudini. Mi sono sempre considerato un esteta, poco interessato al funzionamento quotidiano della politica. Ma la situazione contingente ha richiesto un cambio di paradigma. Sono diventato un cittadino coscienzioso che tiene costantemente sotto controllo le macchinazioni dell’amministrazione Trump. Pur consultando quotidiani, riviste, Twitter e newsletter nessun medium ha soddisfatto la mia fame di informazione meglio del podcast. È un medium familiare e rassicurante, adatto per contestualizzare le iniziative mercuriali ed erratiche orchestrate dal Presidente, che a loro volta generano cicli di notizie incessanti. [...] La mania per i podcast di attualità rappresenta uno sviluppo relativamente recente nella storia del medium, indissolubilmente legato all’angoscia collettiva nei confronti dell’amministrazione Trump, una sorta di risposta liberal ai talk radio delle emittenti conservatrici.
Parametri quali formato, frequenza e durata del Daily sono state appositamente calibrati per soddisfare le esigenze di consumo degli americani. Nell’insieme, queste caratteristiche contraddistinguono ciò che su Wired Felix Salmon ha definito un “mini documentario”. Da parte sua, il ricercatore di Nieman Lab, Nic Newman, lo chiama deep dive. Andy Mills, uno degli ingegneri audio del New York Times, utilizza il termine “audio documentario” per descrivere il Daily.
In altre parole, il Times si era preposto di trasformare il consumo saltuario del podcast in un rituale quotidiano, imprescindibile, sfruttando la diffusione capillare dello smartphone, dispositivo privilegiato per il consumo di contenuti audio. In questo senso, il Daily rappresenta un’innovazione significativa rispetto alla maggior parte dei programmi radiofonici di informazione – ascrivibili al genere del long-form journalism – che hanno una durata compresa tra i quarantacinque e i sessanta minuti, tra cui This American Life, antesignano, modello e paradigma oppure On The Media (OTM), che ha una durata media di cinquanta minuti.
Oggi The Daily è prodotto da un team di una ventina tra giornalisti, producer, sound designer, elencati nella pagina web di ogni episodio in ordine non alfabetico e spesso citati al termine di un episodio. La compagine originaria era tuttavia più ridotta: un quartetto formato dalla summenzionata Lisa Tobin, trentaseienne, che oggi coordina l’intero Reparto Audio del Times; Theo Balcomb, trentaquattrenne, executive producer, con un’esperienza con National Public Radio (All Things Considered) e Andy Mills, quarantenne, senior producer, ingegnere audio e giornalista originario della Louisiana che prima di approdare al Times ha lavorato per Radiolab. In origine, il quartier generale del Daily era un minuscolo ufficio situato al sedicesimo piano, poco più di “un ripostiglio”. Mills ha descritto così il processo di creazione di uno dei primi episodi:
Inizialmente, la nostra squadra era formata da Theo, Lisa, Michael ed il sottoscritto. Sapevamo che l’unico modo per riuscire a dormire la notte era suddividere i compiti nel modo più efficace possibile. Il lavoro comincia alla mattina con una sfilza di domande tipo “Cosa c’è da sapere? Perché questo fatto è interessante? Con chi ne vogliamo parlare? Dove potrebbe portarci questa storia? Qual è l’idea più grande che contiene? Perché proprio adesso? Una volta chiariti questi aspetti chiave, Theo organizza il lavoro sul piano logistico: Quanto reportage extra ci serve per dare maggior coesione alla storia? Quante scene richiede? Quante voci ci servono? Quanto vogliamo approfondire questo argomento? Quali materiali di repertorio dobbiamo reperire? Basta un singolo episodio o dobbiamo realizzarne due? Chiariti questi aspetti, entriamo in azione. Michael conosce la reporter con cui vogliamo parlare, quindi sfrutterà la sua straordinaria abilità nell’inviare un’irresistibile richiesta via e-mail che la convincerà in qualche modo a trovare una mezz’ora nel corso di una giornata strapiena di impegni per parlare con noi. Lisa abbozza le domande dell’intervista e plasma l’arco narrativo dell’episodio. Io mi metto in cerca di materiali di repertorio negli archivi digitali e comincio a impostare un file con Pro Tools. Theo in qualche modo troverà rapidamente un sincronizzatore di nastri, lancerà un Google Doc per mappare l’episodio della giornata aggiungendo il programma, gli appunti del nostro incontro e prenderà contatto con qualcuno nella zona che può darci un’opinione personale sulla situazione. Sarà una giornata intensa e una stretta collaborazione è essenziale per portare a termine il progetto.
Non tutti gli episodi del Daily sono condotti da Barbaro. Per esempio, “Wrongfully Accused by An Algorithm” (3 agosto 2020), è narrato dalla giornalista Annie Brown che dialoga con la collega Kashmir Hill, autrice dell’omonimo articolo pubblicato il 24 giugno 2020 e successivamente aggiornato. Anche producer e editor tendono ad alternarsi, ad eccezione di Lisa Tobin. L’episodio citato è stato prodotto da Lynsea Garrison, Austin Mitchell e Daniel Guillemette, montato da Tobin insieme a Larissa Anderson. Al termine di ogni puntata, Barbaro ringrazia gli autori. In questo caso specifico:
Theo Balcomb, Andy Mills, Lisa Tobin, Rachel Quester, Lynsea Garrison, Annie Brown, Clare Toeniskoetter, Paige Cowett, Michael Simon Johnson, Brad Fisher, Larissa Anderson, Wendy Dorr, Chris Wood, Jessica Cheung, Stella Tan, Alexandra Leigh Young, Lisa Chow, Eric Krupke, Marc Georges, Luke Vander Ploeg, Kelly Prime, Julia Longoria, Sindhu Gnanasambandan, M.J. Davis Lin, Austin Mitchell, Neena Pathak, Dan Powell, Dave Shaw, Sydney Harper, Daniel Guillemette, Hans Buetow, Robert Jimison, Mike Benoist, Bianca Giaever and Asthaa Chaturvedi.
La produzione del Daily impegna i giornalisti per quattro giorni alla settimana, fino a notte inoltrata. La conclusione dei lavori è solitamente fissata per le tre del mattino, quando un ingegnere del suono in Gran Bretagna riceve il work in progress per le modifiche finali. Terminata la revisione, invia file definitivo alla redazione. Imprevisti legati alla natura fluida del newsmaking possono tuttavia provocare ritardi in fase di produzione, costringendo i producer a lavorare fino alle quattro, quattro e mezza del mattino. Barbaro ha sempre con sé un microfono per registrare una versione aggiornata del segmento conclusivo (“Ecco cos’altro c’è da sapere oggi”) in caso di sorprese dell’ultima ora. Per minimizzare possibili distorsioni audio, si rinchiude nello sgabuzzino del suo appartamento oppure recita il messaggio sotto le coperte. Ogni episodio viene pubblicato online alle sei del mattino, fuso orario di New York, dal lunedì al venerdì, salvo feste nazionali.
Per quanto concerne le dinamiche di consumo, tre aspetti balzano all’occhio. Innanzitutto, più della metà degli ascoltatori non sono abbonati né leggono regolarmente il Times. In secondo luogo, l’ascolto del podcast non ha cannibalizzato la lettura del quotidiano. Semmai, l’ha incentivata. In terzo luogo, i fruitori del Daily – che “seguono il programma con attenzione quasi maniacale” – sono molto più giovani rispetto ai lettori del quotidiano: “tre quarti hanno meno di quarant’anni e sono quasi un decennio più giovani del lettore medio”. Il numero degli ascoltatori è quasi cinque volte superiore a quello dei lettori: oltre due milioni versus 443.000 mila. Il quarantatré per cento dei consumatori di podcast prodotti dal Times hanno un’età inferiore ai trent’anni, mentre il settantaquattro per cento è sotto i quaranta. Il sessantasette per cento scarica e ascolta un minimo di cinque episodi alla settimana.
Secondo i dati forniti da Podtrac, il principale servizio di monitoraggio dei podcast negli Stati Uniti, The Daily si è aggiudicato la prima posizione ogni singolo mese del 2019 e la prima o seconda posizione nel 2018 nella classifica dei podcast più ascoltati. Nel giugno 2020, i quattordici podcast prodotti dal New York Times sono stati scaricati o ascoltati in stream 154.686.000 volte, pari a un numero di ascoltatori singoli mensili di poco inferiore ai dodici milioni.
Il 13 luglio 2018, il New York Times ha lanciato una massiccia campagna promozionale. Il pacchetto includeva spot pubblicitari circolati su piattaforme come Hulu, YouTube e Spotify nonché manifesti affissi ai bordi delle autostrade e delle tangenziali di Los Angeles, sui treni leggeri di Portland e in altri punti nevralgici del trasporto urbano, come il Richard B. Ogilvie Transportation Center di Chicago, per ribadire la correlazione tra il consumo di podcast e gli spostamenti su mezzi pubblici o privati.
“The voice of a generation”
Volto e voce del Daily, Michael Barbaro è uno dei giornalisti del Times di cui il Presidente Trump ha invocato pubblicamente le dimissioni, richiesta che il conduttore quarantenne considera un distintivo d’onore. Cresciuto a New Haven, nello Stato del Connecticut da una famiglia della classe media – la madre lavorava come bibliotecaria, il padre era pompiere – Barbaro ha perseguito il giornalismo sin dai tempi del liceo, quando produceva nei ritagli di tempo la rivista indipendente La Vérité. Dopo aver conseguito una Laurea in Storia a Yale nel 2002, ha lavorato per tre anni al Washington Post prima di unirsi all’organico del New York Times nel 2005, dove si è occupato della catena di supermercati Walmart, dell’amministrazione di New York e della politica nazionale. Barbaro non aveva alcuna esperienza radiofonica o di podcasting prima di condurre The Run-Up: ha imparato sul campo. In pochi mesi, Barbaro è diventato una celebrità, seguendo il modello della Sarah Koenig di Serial. Sulle pagine del New York Magazine, Matthew Schneier, lo ha definito “la voce di una generazione”. Nel primo episodio, Barbaro ha introdotto il podcast con un senso di sgomento e di urgenza: “We’re here because this moment demands an explanation” (Siamo qui perché questo momento richiede una spiegazione).
Barbaro non interpreta il ruolo del narratore onnisciente. Semmai, è un conversatore curioso e garbato, attento e rispettoso. A tutt’oggi, le conversazioni informali del Daily – anche quelle più controverse – non sono mai degenerate in un battibecco né in uno scontro verbale. Barbaro è gentile, ma non melenso, molto preparato, mai saccente. In alcuni casi, ha mostrato il suo lato più sensibile, come in un controverso episodio nel quale si è commosso fino alle lacrime, piangendo in sottofondo durante un’intervista a Mark Gray, un ex-minatore del Kentucky, dichiarato sostenitore di Trump, che si dichiara favorevole al rilancio dell’industria mineraria. Secondo la giornalista del New York, Rebecca Mead, il Daily “non offre solo fatti, ma sentimenti”, il che lo distingue nettamente dalla maggior parte dei podcast di attualità.
Barbaro non ha tic verbali né indulge nell’uso di riempitivi come you know o like, anche se tende a cominciare ogni frase con la congiunzione “So”, qui usata come marca discorsiva (discourse marker). L’elisione degli intercalari non dipende solo da un montaggio accorto, ma anche dagli sforzi dello stesso conduttore. Barbaro non è drastico né asciutto: tutt’al più, durante una conversazione, ricorre all’interiezione “Wow” per esprimere stupore. Il suo tono calmo e compassato – mai monotono – segna una rottura rispetto alle ciarle spesso sguaiate dei conduttori dei più celebri programmi di informazione televisiva su Fox News, MSNBC o CNN, per non parlare dei talk radio che, sin dagli anni Novanta, hanno fatto del rant – lo sproloquio rumoroso, pomposo, eccitato, declamatorio, roboante – il modello prevalente. In un’era segnata dalla disinformazione e dalla proliferazione di teorie complottiste, gli spettatori si rivolgono al New York Times per un’informazione più affidabile. Non è un caso che l’episodio più scaricato in assoluto sia una spiegazione sobria e precisa degli effetti del Covid-19, introdotto il 27 febbraio 2020.
È opportuno precisare che il Daily non riassume un articolo del Times: è costruito come un racconto che spesso rifiuta le convenzioni del giornalismo tradizionale. Per esempio, non applica la formula della piramide rovesciata che impone al giornalista di collocare gli elementi più importanti di una notizia all’inizio. Al contrario, utilizza, strategie narrative per “sedurre” l’ascoltatore. Come scrive Mead,
I podcast sono progettati per occupare specifiche porzioni di tempo, anziché per essere esaminati, “scansionati” e scremati: sono pensati per quei momenti in cui non si può fare scrolling sullo schermo del telefono. Pur essendo un medium digitale, i podcast sono insoliti perché abbisognano di tempistiche dilatate e creano un’atmosfera quasi intima.
In altre parole, a differenza di un articolo che può essere “scremato” per individuare le informazioni più rilevanti, il podcast resiste a un consumo sommario e frettoloso, giacché presenta una durata non negoziabile. Inoltre, laddove gli articoli di un quotidiano spesso assolvono una funzione incrementale – forniscono cioè informazioni aggiuntive su fenomeni o processi noti, rivolgendosi a un lettore generalmente familiare con i temi, soggetti o fatti descritti – un episodio del Daily è un’unità discreta, auto-sufficiente, a sé stante: è possibile apprezzarlo anche senza aver letto l’articolo correlato e perfino ignorare il tema in oggetto, che si tratti della disoccupazione o della crisi ambientale. L’imperativo dell’accessibilità ha trovato una perfetta esemplificazione in un episodio in cui Barbaro spiega con ineguagliabile chiarezza il concetto di impeachment agli alunni di una scuola media.
Detto altrimenti, il Daily non è l’adattamento audio o, peggio, la mera lettura a voce alta di un articolo pubblicato sul Times in prima pagina. La relazione tra testo e paratesto è complessa e articolata: articolo e podcast sviluppano una peculiare relazione all’interno dell’ecosistema dal Times: danno vita a un dialogo, a una conversazione – che è poi il modello retorico del Daily. Non a caso, si parla sempre più spesso di narrative news o di news as narrative: il giornalismo parlato del Daily ha fatto proprie le tecniche dello storytelling. Presta grande attenzione al ruolo della narrazione, ovvero all’organizzazione degli eventi secondo una logica causale, all’architettura del racconto, alla scelta di una prospettiva, alla descrizione degli eventi come azioni intenzionali, a un vero e proprio casting degli attori nei ruoli dei personaggi, all’adattamento di questi ruoli a tipi di trame che coinvolgono gli “eroi” e le loro nemesi all’interno di una relazione solitamente conflittuale.
Lisa Chow, editing supervisor del Daily, ha spiegato che la strategia editoriale del Daily poggia su tre elementi fondamentali: la trama, i personaggi e una questione scottante. Alex Young, senior news producer, ha aggiunto che ogni episodio corrisponde a un mondo: “Non si tratta semplicemente di presentare dei fatti. Costruiamo anche il contesto all’interno del quale la storia si svolge” (enfasi aggiunta).
In altre parole, il Daily non si limita a esporre dei fatti. Semmai, racconta il modo di raccontare le notizie: è infatti esplicitamente metareferenziale nel modo in cui comunica il processo di acquisizione delle informazioni grazie ai contributi dei giornalisti. Ciò lo rende una delle più efficaci forme di promozione del New York Times e della pratica giornalistica in quanto tale, sistematicamente delegittimata dall’Amministrazione Trump nonché assediata dalle grandi aziende digitali, Google e Facebook in testa.
Secondo Schneier, il successo del Daily sta nella scelta dei producer di non rimuovere il processo giornalistico dal prodotto finito, bensì di ostentarlo. Questa logica autoreferenziale è evidente anche nella decisione editoriale di mantenere “errori” o momenti “inutili” come l’attesa al telefono per poter parlare con un membro del Congresso, in cui Barbaro ascolta la musica di sottofondo preregistrata, che poi diventa parte integrante dell’intervista. I commenti sulla muzak che Barbaro condivide con il politico sono infatti usati come espediente per “rompere il ghiaccio” e introdurre un pizzico di levità in una discussione su temi tutt’altro che leggeri. Questo approccio demistifica la pratica giornalistica, mostrandone gli aspetti più prosaici. È proprio nell’attenzione a queste “banalità logistiche” – la voce del concierge dell’albergo che risponde alla chiamata di Barbaro, prima di collegarlo alla stanza del giornalista; l’addetta alla sala stampa del Congresso degli Stati Uniti che riceve la chiamata in un’arcaica cabina situata nella hall; il chiacchiericcio sul più e il meno che precede la conversazione con il politico di spicco; la collega che respinge l’invito di Barbaro con un secco “Guarda, adesso non ho proprio tempo” e così via – a distinguere il Daily dagli altri podcast di attualità. “A intere generazioni di giornalisti è stato insegnato che devono rendersi invisibili nel loro reportage, ma Barbaro è un personaggio a tutto tondo”. È un cambio di paradigma. Per Mead, la “Grigia Signora” oggi si è trasformata nel “Tizio col Pizzetto”. Le fa eco Schneier, che colloca Barbaro a metà strada tra “l’autorità distaccata del conduttore tipico di NPR e l’efferatezza piratesca del podcaster archetipico”. Ciò dipende anche dall’intonazione del conduttore, che è stata definita “idiosincratica” da più di un ascoltatore. Infatti, la scelta di assumere un tono meno perentorio rispetto allo stereotipo dell’esperto saccente – sbandierando i limiti e le debolezze del reporter anziché occultarle – è frutto di una decisione maturata dopo l’inaspettato successo di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2016, un evento che ha spinto molti giornalisti a mettere in discussione la propria competenza, lungimiranza e lucidità. L’atteggiamento sommesso di Barbaro “nasce come reazione alla consapevolezza che tutti noi [giornalisti] abbiamo deluso la gente”. Il giornalismo tradizionale, prosegue Barbaro, esige la “fiducia totale” del lettore nell’“onnisciente autorità” del reporter. Ma il podcasting, osserva Barbaro, è, “per definizione, un medium più vulnerabile, trasparente. Quando si ascolta la voce del giornalista si può coglierne l’incertezza, l’esitazione”. Queste considerazioni trovano un riscontro nell’interpretazione di Muhammad, che scrive
Anche se una specie di narratore è sempre presente [nei podcast d’attualità], la sua presenza non è che uno strumento formale attraverso il quale gli ospiti e i produttori mettono in atto una drammatizzazione modernista dell’assenza di una prospettiva autorevole o autorizzata.
Non si tratta tanto di un’ammissione di impotenza, quanto della volontà di fare chiarezza, senza timore di cadere nel didascalico. Per Schneier, Barbaro è la controfigura del pubblico. La conversazione con l’ospite è punteggiata da domande retoriche, falsamente spontanee, apertamente naïf – “Che cos’è la Nato?”, “Puoi ricordarmi qual è il ruolo di Robert Mueller?” oppure “Ok, Rukmini, dove si trova, esattamente, Musul?”. Barbaro svolge il ruolo del traduttore, riformulando la risposta dell’esperto per renderla più comprensibile al pubblico: “Se ho capito bene, quello che intendi dire è…” Schneier paragona la voce vellutata, seducente di Barbaro all’“effetto ASMR”. Il conduttore riesce a instaurare un rapporto diretto, quasi sensuale con l’ascoltatore utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile. Ciò rende le notizie “più accessibili e più digeribili” rispetto alla controparte scritta. Analogamente, il giornalista Joe Pompeo sottolinea “la cadenza da psicanalista da divano, le introduzioni sussurrate, i momenti di perfetta agitazione” di Barbaro.
Questo approccio, beninteso, è tutt’altro che nuovo. Risale infatti alla metà degli anni Novanta con l’introduzione di This American Life, un programma radiofonico pubblico che ha esercitato un’enorme influenza sui podcast narrativi e, in particolare, sul Daily. Condotto da Ira Glass, ogni episodio di This American Life collega differenti segmenti attraverso un singolo tema. Secondo Mead, This American Life ha trasformato la nozione stessa di storytelling radiofonico, introducendo un narratore più umano, sensibile, vulnerabile, fallibile. Glass ha proposto una struttura narrativa “fondata su quattro momenti fondamentali – esposizione, complicazione, epifania e risoluzione – così radicata da sembrare oggi inevitabile”. Descrivendo la relazione The Daily e This American Life, Muhammad scrive:
Il Daily spesso si sviluppa come un segmento di This American Life, portando in primo piano il processo di scrittura della storia che stiamo ascoltando. Il processo diventa dunque parte della narrazione del reporter. Ciò produce un senso di intimità tra il conduttore e il pubblico, alimentando l’illusione che i giornalisti siano l’unica possibilità di salvezza perché possono trasformare questo momento politico nauseante, da incubo, in una serie di conversazioni civili, informali e confortanti, tra amici cordiali e intelligenti. Questi scambi pacati offrono spiegazioni rassicuranti a fronte della tsunami di notizie che ci travolge quotidianamente.
In un certo senso, la convergenza tra il Daily e This American Life, podcast e radio, informazione scritta e parlata era inevitabile, come vedremo nelle prossime pagine.
“Let sound be sound”
Se il motto del New York Times è “All the news that’s fit to print”, quello del Daily è “This is what the news should sound like”. L’attenzione maniacale dei producer del Daily per il sound design riflette la crescente importanza della dimensione aurale nelle strategie del New York Times come confermano iniziative che includono – oltre alla diversificazione dell’offerta di podcast – la possibilità di ascoltare gli articoli sul computer, dispositivi mobili (smartphone e tablet in primis) e smart speaker.
Il Daily presenta numerose marche di stile. La prima è il tema musicale. Composta da due musicisti di Portland, nello stato dell’Oregon, Jim Brunberg e Ben Landsverk, in arte Wonderly, la “sigla” del podcast è stata l’oggetto di discussione di un episodio del celebre podcast Song Exploder condotto da Hrishikesh Hirway e proposto anche sul sito del New York Times come “bonus” di The Daily. Brunberg, Landsverk e Barbaro hanno discusso la creazione, revisione e rifinitura del tema musicale dopo una falsa partenza. Il processo ha tuttavia subito un’accelerazione improvvisa quando Barbaro ha suggerito ai musicisti di ispirarsi alla sigla della serie televisiva Westworld, canticchiandola al telefono. Sulla base di questo brief, i due hanno rapidamente composto un brano “stridente, drammatico, ma razionale” per pianoforte e violoncello che sarebbe di lì poco diventato il tema ufficiale del Daily. Michael Barbaro ha descritto il jingle iniziale come una “sirena”, un “suono pulsante, che sale e scende” e che sollecita l’ascoltatore a prestare la massima attenzione a questo “straordinario momento storico”. La sirena-jingle è “il DNA audio, ma anche una metafora dello show”. Il tema di Wonderly, coerentemente con l’approccio del Daily, mira a problematizzare la nozione stessa di notizia e di informazione: la melodia non celebra l’autorità assoluta del Times. Semmai sottolinea gli alti e bassi della pratica giornalistica, ricordando che la ricerca della verità è un processo sempre in fieri.
Il tema musicale è parimenti fluido ed è spesso riarrangiato a seconda degli episodi e dei contesti. Per esempio, il responsabile tecnico Brad Fisher ha creato una versione aggiornata del tema con un pianoforte giocattolo per una puntata speciale indirizzata a un pubblico più giovane. In altri casi, il brano è introdotto a podcast già iniziato. In un episodio dedicato alle dichiarazioni dei redditi che il Presidente Trump si è sempre rifiutato di mostrare, la musica fa il suo ingresso dopo una conversazione della durata di due minuti tra tre giornalisti alle prese con documenti confidenziali. Nel suo primo dispaccio dal confine tra Stati Uniti e Messico, la giornalista e producer Annie Brown, il tema fa capolino dopo sei minuti.
Dato che le registrazioni non si svolgono in uno studio – i sound designer del Times preferiscono non utilizzare effetti sonori creati ad hoc, salvo rari casi – bensì sul campo, il podcast sfrutta suoni per lo più diegetici, che concorrono a creare una ricca palette sonora, un vero e proprio soundscape. Per questo motivo, anche suoni apparentemente casuali – normalmente eliminati in fase di montaggio perché giudicati ridondanti o fastidiosi – sono spesso incorporati nell’episodio definitivo, a mò di intercalari. L’imperativo categorico dei producer é “Let sound be sound” (Lasciate che il suono sia suono). Come afferma Mills, “Ci piace il ‘tap tap tap’ delle dita sul microfono, l’intervistato che si schiarisce la gola e persino il ‘Ci siamo?’ del giornalista”. I suoni ambientali concorrono a creare una vera e propria colonna sonora che si sviluppa per l’intero episodio. Per esempio, nella puntata che narra gli scontri tra i manifestanti dell’estrema destra e di sinistra a Charlottesville, nello stato della Virginia, nell’agosto 2017, si alternano tre differenti fonti audio. L’episodio si è apre con una descrizione della notte di venerdì che ha preceduto le violenze più atroci, culminate con l’omicidio di una manifestante ed è caratterizzata dai cori razzisti – “You will not replace us… Jews will not replace us…” (Non ci rimpiazzeranno… Gli ebrei non ci rimpiazzeranno…) – che continuano in sottofondo anche quando la giornalista Sheryl Gay Stolberg, descrive ciò che sta succedendo. Con una transizione sfumata, i canti sono sostituiti dai suoni di una cerimonia religiosa alla quale hanno partecipato dei parrocchiani di colore. Anche in questo caso, il suono diegetico – il coro da chiesa – accompagna la narrazione di Stolberg. Infine, nella terza parte del segmento, i brani religiosi sono a loro volta sostituiti dai canti dei nazionalisti bianchi che si preparano a marciare per le strade di Charlottesville. L’accorto missaggio di canti e cori, vibrazioni e frastuono produce un’esperienza aurale immersiva, molto forte sul piano emotivo, che trasporta l’ascoltatore sulla scena, trasformandolo in un testimone. Non a caso, uno degli aggettivi che ricorre più frequentemente negli articoli che descrivono The Daily è “vivido”. Per questo motivo, i giornalisti del Times sono istruiti dal team del Daily a “pensare con le orecchie” al fine di catturare attraverso il loro registratore portatile tutti i suoni ambientali di cui sono spesso inconsapevoli perché ciò che conta “non sono solo gli scambi virgolettati con il senatore, ma il rumore della portiera dell’auto che si chiude, il tacco delle scarpe che fa tic toc sul marciapiede”.
Un’altra iniziativa importante del New York Times è The Year in Sound, una raccolta di suoni, frasi, rumori che hanno segnato l’anno. L’iniziativa, inaugurata nel 2017, è distribuita sotto forma di podcast nonché, sul quotidiano digitale, attraverso una sempre più elaborata galleria fotografica e collegamenti ipertestuali agli articoli menzionati. Sul sito web del New York Times – lontano anni luce dal mediocre design dei quotidiani digitali italiani – immagine e suono, parola e testo scritto, video e animazioni concorrono a creare una forma di narrazione che, in ottica mcluhaniana, stimola più sensi simultaneamente. Un altro esempio significativo, presente nella sezione Interactive del quotidiano, è “The Best of The Daily in 2017”, che raccoglie dieci momenti clou di altrettanti episodi che “illustrano come The Daily [...] utilizza lo storytelling per spiegare le storie più importanti del giorno a un’audience devota, in rapida crescita”. La pagina del sito ospita un estratto significativo, l’intero episodio, una breve descrizione del tema trattato e lo sfondo a gradiente che riprende ed estende il logo del programma. L’accesso ai contenuti, semplice e intuitivo, è facilitato da un’interfaccia pulita ed elegante.
Citiamo infine l’iniziativa esplicitamente “didattica” del Times, Lesson Plans, realizzata in collaborazione con The Learning Network sin dal 1998. Il Times pubblica, per lo più gratuitamente, oltre mille risorse l’anno per insegnanti e studenti delle scuole medie e superiori sviluppate da The Learning Network a partire da articoli, saggi, immagini, video, grafica e, sempre più frequentemente, podcast del quotidiano come strumenti per l’insegnamento in tutte le aree tematiche. Per esempio, nell’articolo Experimenting With Sound and Story: Teaching and Learning With ‘The Daily’ Podcast, Matthew Green indica vari strumenti per “decostruire” due episodi del podcast, prestando particolare attenzione al modo in cui i giornalisti hanno impostato il racconto. Questa risorsa stimola le capacità di ascolto attivo e di analisi degli studenti, ma soprattutto attesta la capacità del Times di massimizzare il potenziale dell’audio, integrandolo all’interno della propria offerta.
Conclusioni: Pivot to Audio
Considerando che il Daily è stato introdotto all’indomani dell’elezione di Donald Trump (“Sono le 3:30 del mattino nello studio e siamo in stato di shock. Non ci aspettavamo un risultato del genere” aveva dichiarato Barbaro nell’episodio elettorale di The Run Up), la vittoria di Joe Biden e Kamala Harris alle Presidenziali del 2020 ha de facto segnato la conclusione del progetto e, simultaneamente, l’inizio di una nuova fase. In questo senso, l’episodio del 7 novembre 2020 – una conversazione di poco meno di quaranta minuti tra Barbaro e i giornalisti del Times Alexander Burns, Maggie Haberman e Jim Rutenberg – ha fatto da spartiacque ed è stato preceduto dalla prima edizione in diretta del podcast, il giorno delle elezioni, il 4 novembre 2020: per quattro ore, Barbaro, insieme alla Vice Caporedattore Carolyn Ryan e molti altri giornalisti del quotidiano hanno discusso i possibili scenari politici. L’evoluzione del Daily accompagna la trasformazione dello scenario politico statunitense.
Se è vero che, come ha dichiarato l’Assistant Managing Editor Sam Dolnick, “il Daily è la nuova prima pagina” del New York Times, allora i podcast – e l’audio, in generale – ne rappresentano senza dubbio il settore più dinamico. Altri l’hanno definito “una macchina delle pubbliche relazioni per il quotidiano newyorchese. Quel che è certo è che il podcast è proposto direttamente in prima pagina. Infatti, il collegamento ipertestuale all’ultimo episodio del Daily è collocato direttamente sotto la testata (Fig. 1):
Fig.1 Il collegamento al Daily è presente nella prima pagina del quotidiano americano.
Il Daily ha fatto da catalizzatore a numerose iniziative nell’ambito delle narrative news e del giornalismo parlato. La produzione di contenuti è solo un tassello di una strategia che include l’acquisizione per circa nove milioni di dollari nel marzo 2020 di Audm, una popolare app per smartphone che trasforma articoli long-form di testate come The New Yorker, Wired, The Atlantic, Esquire, Harper’s Bazaar, The New York Review of Books, ProPublica, London Review of Books e Vanity Fair in contenuti audio letti da attori vocali professionisti anziché da tecnologie automatizzate, il che rende l’ascolto più piacevole. Attraverso Audm, il Times intende accelerare l’integrazione della voce alla parola scritta. Una delle prime iniziative del quotidiano ha coinciso con l’adattamento in formato audio di numerosi editoriali e opinioni dei contributors: si tratta di interventi di durata inferiore ai dieci minuti che integrano il longform di Audm.
Inoltre, nel luglio 2020, il New York Times ha acquisito per circa venticinque milioni di dollari la casa di produzione Serial Productions, fondata nel 2017 da Julie Snyder, Sarah Koenig e Neil Drumming e che ha prodotto serie di enorme successo come Serial (2014-) e Shit Town (2017). Tra le altre cose, questo l’accordo prevede una “continua alleanza creativa e strategica” con This American Life, il programma radiofonico pubblico settimanale fondato dal conduttore e produttore esecutivo Ira Glass. Serial Productions continuerà a operare in modo indipendente, pubblicando audio storie che saranno “amplificate dal Times”, come Nice White Parents che ha debuttato nel luglio 2020, una serie focalizzata sulla segregazione razziale nelle scuole di Brooklyn. Non meno importante è l’introduzione del podcast di Kara Swisher, Sway, nel settembre 2020. Swisher, una delle giornaliste più influenti nell’ambito della tecnologia a largo consumo, investiga il ruolo dell’autorità e del potere nel ventunesimo secolo attraverso una serie di interviste con personalità influenti, tra cui Elon Musk e Hillary Clinton. Nel 2021, il fondatore di Vox Media e conduttore di un celebre podcast di informazione, Ezra Klein, si unirà al Times come articolista e conduttore di podcast. Un ensemble stellare.
Dopo la rinuncia a partecipare al servizio Apple News, ufficializzata nel giugno 2020, il New York Times ha reso esplicita l’intenzione di gestire in completa autonomia i propri contenuti digitali, senza sottostare agli algoritmi capricciosi e ai modelli di business della Silicon Valley. L’acquisto di Audm e le iniziative correlate attestano che il Times ha perfettamente compreso che l’audio svolgerà una funzione cruciale nella ridefinizione della produzione e consumo di informazioni nel Ventunesimo secolo. L’era del “giornalismo parlato” è ufficialmente cominciata: l’ambizione del Times è di convertire gli oltre cento milioni di ascoltatori radiofonici mensili americani in consumatori di news narrative. Più realisticamente, il Times ha definito come obiettivo prioritario il raggiungimento dei dieci milioni di abbonati al podcast entro il 2025. L’impresa è tutt’altro che impossibile, considerando che già oggi il successo del The Daily supera quella di numerosi programmi televisivi di informazione.
A oggi, il Times non ha fornito informazioni dettagliate di carattere finanziario sulla sua divisione audio. Tuttavia, secondo alcuni analisti, come Mine Safety Disclosures, il Daily potrebbe generare ricavi compresi tra gli undici e i settantatre milioni di dollari su base annua (Fig. 2).
Fig. 2. Le proiezioni di Mine Safety Disclosures sui ricavi annuali del Daily, ottobre 2020.
Quel che è certo è che in meno di quattro anni, il team audio del New York Times è passato da quattro a oltre cinquanta dipendenti. Il podcast ha impiegato circa due anni per raggiungere la media di due milioni di download quotidiani. Nell’ottobre 2020, ha ampiamente superato la media dei quattro. Nel 2020, The Daily si è aggiudicato la terza posizione in assoluto su Apple Podcast e la seconda su Spotify negli Stati Uniti (la terza a livello mondiale). Su Apple Podcast, The Daily vanta oltre 72000 recensioni, con un punteggio medio di 4.5 su 5.0. Oggi, la durata massima di trenta minuti per episodio non è più considerata vincolante e il Daily distribuisce episodi speciali anche alla domenica. In conclusione, il Daily non rappresenta tanto un’integrazione al giornalismo “tradizionale”, bensì uno dei suoi sviluppi più significativi nell’era digitale.
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