Alienware X51, courtesy of Dell
"Si prevede un'altra annata di calma piatta per i videogiochi, medium che ha raggiunto un'evidente stasi creativa e tecnologica.
Tradizionalmente, la longevità media delle console - una longevità artificialmente imposta dai produttori, una forma di obsolescenza pianificata - era un lustro. L'esempio paradigmatico? Sony PlayStation. Introdotta nel 1994 (nel 1995 in Europa e Stati Uniti) è stata seguita da PlayStation2 (2000) e PlayStation 3 (2006). Questo modello industriale è sostanzialmente entrato in crisi. I principali produttori (Sony, Microsoft in primis) hanno infatti deciso di posticipare il lancio delle loro nuove piattaforme per ragioni di natura economica, tecnologica e sociale. Esaminiamole brevemente.
Produrre una nuova console richiede investimenti enormi. Investimenti che, in molti casi, non vengono adeguatamente ammortizzati se non a diversi anni dal lancio. Considerando che le console esistenti (Xbox 360, Wii e PlayStation 3) continuano a vendere relativamente bene (vedi sotto), le tre aziende produttrici hanno scarso interesse ad introdurre nuovo hardware. Solo Nintendo ha annunciato il successore di Wii (2006), U, per la fine del 2012, anche se a tutt'oggi non ha comunicato il prezzo di vendita al pubblico, le specifiche tecniche o i giochi disponibili al lancio. Insomma, non ha rivelato praticamente nulla. A sei mesi di distanza dalla "rivelazione ufficiale" appare chiaro che la mossa non aveva altro scopo se non quello di rassicurare i sempre più preoccupati investitori circa la salute dell'azienda. Da quanto si è visto - o meglio, non visto - all'E3 losangelino la scorsa estate e al CES di Las Vegas (2012), la piattaforma non rappresenta un passo in avanti significativo rispetto all'attuale generazione sul piano tecnologico e la critica ha accolto con tiepido entusiasmo l'idea di affiancare un tablet alla console domestica. In breve, molti osservatori hanno sollevato diverse perplessità sulla capacità di Wii U di ripetere la sensazionale performance di Wii, per quanto gli stessi osservatori, ai tempi, avevano sottovalutato l'impatto rivoluzionario dei comandi gestuali resi possibili dal WiiMote. In breve: è troppo presto per sbilanciarsi. La grande incognita, tuttavia, riguarda il supporto delle terze parti. Da Nintendo è lecito attendersi nuove versioni dei soliti noti (Mario, Zelda etc.).
Per converso, Sony e Microsoft non nascondono la loro riluttanza ad annunciare nuovo hardware. La strategia di Microsoft prevede da un lato un massiccio investimento nel settore televisivo, con l'obiettivo - perfettamente logico - di trasformare Xbox 360 (2005) in un set-top box intelligente. Anche se i progetti ambiziosi dell'azienda di Redmond sono stati frustrati dai costi proibitivi delle licenze e dalle richieste esose dei network, è lecito prevedere che nel corso del 2012 verranno introdotte sempre nuove "apps" di natura non ludica per Xbox Live: musica, televisione, video e cinema trasformeranno profondamente l'essenza stessa della console. Nel frattempo, Microsoft spinge a tutta forza Kinect, il sensore 3D che ha riscosso un enorme successo commerciale (oltre 18 milioni di pezzi venduti dal lancio) pur non essendo stato accompagnato da un software altrettanto innovativo. Come abbiamo scritto in precedenza, sono stati hackers ed artisti a sfruttare Kinect assai meglio degli sviluppatori di videogame. Da parte sua, Xbox 360 ha raggiunto una base installata mondiale di 66 milioni di unità a livello mondiale. Nell’ultimo trimestre del 2011 sono state vendute 8,4 milioni di console (fonte: Microsoft). E' legittimo attendersi, nel 2012, nuove versioni di Xbox 360 con Kinect integrato e hard-drive più capienti a prezzi sempre più concorrenziali, ma è improbabile che il successore del best-seller Microsoft farà un'apparizione ufficiale.
Sony si trova in una posizione molto delicata. PlayStation 3 sconta, ancora oggi, la mancata adozione del del blu-ray come supporto di registrazione standard. Negli Stati Uniti, dove lo streaming online sta diventando il modello di consumo privilegiato di contenuti audiovisivi - grazie a Netflix, Hulu, Vudu solo per fare alcuni esempi - l'idea stessa del disco compatto è entrata in crisi - (la situazione è diversa in Europa, ma l'Europa, fino a prova contraria, non produce hardware, ma solo software). Oggi, le console domestiche non esistono indipendentemente da un ecosistema digitale inter-connesso e iper-connesso: smartTV, streaming videoludico, modelli di abbonamento e di accesso ai contenuti digitali, smartphone e tablet... sono tutti fattori che determineranno, in un modo o nell'altro, il successo o il fallimento delle piattaforme future. E chi insegue invece di innovare, farà sempre più fatica a competere. Esempio paradigmatico: PlayStation Move. Introdotto in simultanea con Microsoft Kinect, il controller per PS3 che emula le caratteristiche del Motion Plus di Nintendo Wii non ha saputo ottenere - per ammissione della stessa Sony - l'analogo successo dei rivali. E gli investimenti massicci di Sony sul fronte della visualizzazione 3D (televisori e videogame) non sono stati accompagnati dall'interesse dei consumatori. Un problema notevole considerando l'importanza del segmento televisivo per il business Sony. Samsung - che produce pannelli LCD - detiene il primato anche in questo contesto: recentemente l'azienda coreana ha annunciato che acquisterà tutte le quote della società nata da una joint venture con Sony specializzata nella produzione di pannelli LCD. Sony si sgrava di un ennesimo fardello, ma de facto, lascia carta bianca al rivale. I tempi del Trinitron sono lontani. Anche sul fronte del divertimento portatile, Sony si trova in difficoltà. PlayStation Vita - introdotta in Giappone il 17 dicembre scorso - è stata accolta dal disinteresse generale, al punto che diversi rivenditori hanno già ridotto il prezzo al pubblico nel tentativo di stimolare le vendite. Il fatto che Sony abbia mandato a casa gli sviluppatori BigBig (Little Deviants) - prima ancora dell'arrivo nei negozi del loro gioco non depone bene. Se queste sono le premesse... Al di fuori degli appassionati Sony e degli hard-core gamers, Vita non ha grandi possibilità di successo. La stessa Nintendo è stata costretta in fretta e furia a modificare la sua politica di vendita di 3DS per evitare il tracollo delle vendite, ma anche in questo caso, è difficile immaginare che la console riscuoterà il successo del suo predecessore, DS, introdotto in un mondo in cui prodotti come iPhone e iPad non erano ancora stati concepiti. La qualità dei giochi per tablet sta aumentando esponenzialmente (Infinity Bladee Dead Space lo confermano) e costi più accessibili rendono le console portatili appetibili solo a un pubblico di nicchia. Infine, Sony ha inoltre dichiarato ufficialmente che non presenterà il successore di PlayStation 3 al prossimo E3 losangelino. Sorge spontaneo domandarsi se l'azienda nipponica seguirà l'esempio di Sega, abbandonando del tutto il settore dell'hardware per dedicarsi esclusivamente allo sviluppo di sofware, decisamente più remunerativo.
Il problema, oggi, non riguarda tanto la progettazione di una nuova console - intesa come una macchina più veloce e potente di quella precedente. La vera sfida consiste nel definire la natura di una piattaforma dedicata all'intrattenimento elettronico tout court in uno scenario in rapida trasformazione. Uno scenario di convergenza tecnologica in cui i videogame rappresentano solo un aspetto del digital entertainment. Uno scenario in cui i player tradizionali - in questo caso Nintendo, Sony e Microsoft - si trovano a fare i conti con aziende che provengono dai più disparati contesti dell'elettronica di consumo, dell'informatica e del mobile entertainment. Uno scenario in cui la tradizionale distinzione tra "televisione" e "computer" non ha più senso. Anche un aspetto relativamente minore quali la scelta del formato di registrazione (download vs. dischi), per esempio, riveste un'enorme importanza ed ha ripercussioni significative sul breve-medio termine. Quando Apple ha lanciato l'iMac abbandonando il floppy disk, molti hanno gridato allo scandalo. Apple era semplicemente avanti sui tempi. La domanda che ci poniamo: Microsoft avrà il coraggio di abbandonare i dischi compatti e/o formati di registrazioni proprietari (la strategia di Sony) per la sua prossima piattaforma, abbracciando il modello del digital download o dello streaming?
Il declino tecnologico delle console potrebbe favorire l'ingresso in scena di nuovi soggetti. Qualche giorno fa, Alienware (leggi: Dell), ha introdotto X51, un computer pensato per il soggiorno che si collega al televisore ed è pensato principalmente per il gioco e l'intrattenimento. Anche nell'aspetto, questo accattivante PC evoca il design di Xbox 360 e PS3 e viene commercializzato a un prezzo relativamente accessibile (la versione base costa 800 dollari contro i 2000+ dollari dei modelli di fascia alta Aurora). Molti osservatori inoltre prevedono che nel 2012 Apple proporrà un'offerta videoludica legata al vociferato ingresso nel mercato televisivo. Non si prevede tanto una console dedicata quanto un'infrastruttura caratterizzata da tre componenti: hardware-software-network. E' legittimo attendersi, tuttavia, un'offerta pensata per il pubblico mainstream e non hard-core: giochi casual, puzzle o party per famiglie, anziché kolossal modello The Elder Scrolls V: Skyrim o violenti sparatutto in soggettiva, genere che Steve Jobs ha sempre odiato (l'ex-CEO di Apple era riuscito a convincere John Carmack a presentare i nuovi progetti di iD Software al MacWorld 2007 senza mostrare nemmeno una goccia di sangue virtuale - impresa mirabile considerando la passione per l'ultraviolenza digitale del nostro). Ergo, Apple rappresenta una minaccia diretta per Nintendo, mentre Microsoft e Sony competono tra loro per accaparrarsi il segmento degli appassionati di videogiochi duri e puri. Non dimentichiamo che la nemesi di 3DS comincia per "i" (iPad, iPhone, iPod Touch).
Il mercato videoludico è in fase di stallo economico. Lo conferma il fatto che negli Stati Uniti le vendite di software nel dicembre 2011 hanno fatto segnare una diminuzione del 21% rispetto al 2010. Un calo considerevole, che si accompagna a quella corrispondente dell'hardware, -28% stando ai dati forniti da NPD. Il grande successo di una manciata di prodotti - per esempio, Call of Duty: Modern Warfare 3 (Activision) che ha totallizzato 1 miliardo di dollari in vendite in 2 settimane o Just Dance 3 (Activision) che annovera, tra i suo fans, il presidente Barack Obama e ha venduto, a livello di serie, 25 milioni di copie - non deve far dimenticare che nel 2011 il mercato videoludico americano ha fatto registrare una diminuzione delle vendite dell'8% rispetto al 2010 (a sua volta, annata tutt'altro che entusiasmante). Cifre altrettanto deludenti per il mercato dei videogame nipponico, che nel 2011 ha perso l’8%. La pessima performance è attribuibile al calo delle vendite del software (-14%). Il giro d’affari complessivo è stato pari a 454 miliardi di yen (4,6 miliardi di euro).
Stanno inoltre cambiando le dinamiche di acquisto dei videogame. Premesso che il mercato retail non scomparirà nei prossimi anni, è evidente che la sua rilevanza è destinata a diminuire considerevolmente. De facto, sta già avvenendo. Nelle otto settimane di vendite prenatalizie (che si sono concluse ufficialmente il 7 gennaio), GAME la principale catena specializzata in videogiochi in Inghilterra ha fatto registrare vendite complessive in calo del 14,7% (-17,6% nel Regno Unito). Le cose sono andate leggermente meglio per la catena americana GameStop. Nonostante il lieve calo nelle vendite complessive registrato nelle nove settimane precedenti al 31 dicembre, -0,3% senza contare le nuove aperture (frutto di un calo dell’1,5% a livello internazionale e una crescita dello 0,3% negli Stati Uniti), la catena ha fatto registrare una crescita del 9,9% nelle vendite di software e un incremento del 60% nel business digitale.
I servizi digitali, appunto. Su questo fronte, arrivano notizie molto positive. Si consideri il caso di Steam. Il network di Valve che propone multiplayer gaming e digital delivery ha raddoppiato il proprio fatturato nel 2011. Steam offre circa 18.000 titoli e ha un'utenza di circa 40 milioni di utenti, per un totale di 780 petabyte di dati scaricati a pagamento. Anche Xbox Live vanta 40 milioni di utenti, tra Gold e Silver, a livello mondiale. Steam, Xbox Live e PlayStation Network offrono evidenti vantaggi per i consumatori. Ma la vera killer app consiste nell'accesso ai videogiochi invece dell'acquisto, il che spiega anche il crescente successo di servizi di noleggio di videogame per corrispondenza come GameFly. (Modello che Netflix avrebbe voluto imitare prima di abbandonare frettolosamente l'idea).
Il crescente successo di OnLive - e la sua diversificazione multi-piattaforma (dai tablet agli smartphone, dal pc ai set-top box) - rappresenta un interessante modello alternativo di distribuzione del software ludico attraverso lo streaming online. Il rivale Gaikai ha stipulato un accordo esclusivo con LG, Walmart, YouTube e, recentemente, anche FaceBook. Anche in questo caso, la formula prevede l'accesso ai contenuti rispetto all'acquisto. Un modello - il noleggio - chiaramente preferibile all'accumulo coatto di dischi compatti. Sono in molti a prevedere che il 2012, sarà l'anno di grazia dello streaming videoludico negli Stati Uniti. A questo proposito, non mi stupirei se OnLive o Gaikai venissero acquistati da Google, Microsoft oppure dalla stessa Apple. Da qualche giorno, OnLive è disponibile sulle Google TV di seconda generazione, il che potrebbe lasciare presagire ulteriori mosse dell'azienda di Brin e Page in questa direzione...
Sul fronte dei contenuti, l'offerta videoludica attuale riflette l'analoga penuria di idee che affligge il cinema commerciale americano, dominato da seguiti e remake. Nel caso dei videogiochi, la situazione è ancora più tragica. La produzione attuale consiste in un'overdose di sequel (tutti i titoli "caldi" - o meglio, riscaldati - del 2012, sono seguiti: Grand Theft Auto V, Ninja Gaiden 3, Halo 4, Resident Evil 6, Mass Effect 4, Max Payne 3, Soul Calibur 5, Bioshock Infinite, Dirt, Mario Party 9, Brothers in Arms: Furious 4, Diablo III, LEGO Harry Potter, Ridge Racer, Armored Core V, Final Fantaxy X-III-2, - sigh - solo per citarne qualcuno), remake (versioni "rimasterizzate", si fa per dire, di giochi usciti per precedenti piattaforme: Devil May Cry, Metal Gear Solid, Silent Hill, Hitman, Mortal Kombat, Tony Hawk che si aggiungono alla marea di remake pubblicati nel 2011), espansioni (vedremo la solita dozzina di pack per The Sims 3 e le edizioni annuali dei titoli sportivi, da FIFA a PES), cross-over (Street Fighter vs. Tekken, Ultimate Marvel vs. Capcom 3) e "rilanci" (Syndicate, Twisted Metal, SSX, Fifa Street, Kid Icarus). I dance games (Just Dance, Dance Central) e fitness games (Zumba, EA Active Sports) continueranno la loro marcia inarrestabile dopo l'ecatombe dei music games (Rock Band, Guitar Hero e DJ Hero). Le ultime produzioni videoludiche "fuori dagli schemi" sono state Spore, che non ha tuttavia saputo riscuotere il successo auspicato dai suoi sviluppatori, e LittleBigPlanet (sei milioni di livelli creati dai fan a oggi), senza dimenticare il fenomeno indie di Minecraft (20 milioni di utenti registrati a oggi). Ma i progetti nuovi, diversi, stimolanti si contano letteralmente sulle dita di una mano: The Witness, Journey, I Am Alive, Catherine e pochissimi altri. Oggi il panorama videoludico appare in stand-by, in limbo, in stato catatonico. Difficile immaginare il futuro del medium quando "futuro" per i produttori significa semplicemente offrire il sesto episodio dello sparatutto di successo ("Uccidi il terrorista in alta-definizione!") o la quinta iterazione del popolare racing game ("Con le statistiche aggiornate all'ultima stagione!").
Detto altrimenti, il settore videoludico si trova a fare i conti con una fase di stagnazione creativa, prima ancora che economica. Manca il coraggio di sperimentare, creare esperienze differenti, ripensare formule consolidate. Oggi, il termine "innovazione" viene confuso con la mera riproposizione dei medesimi modelli, meccaniche e personaggi, in un delirio meta-referenziale e auto-citazionista che esclude priori il nuovo. Gli scaffali offrono mere variazioni sul tema (e i temi sono sempre quelli). Siamo intrappolati in un lungo presente che recicla continuamente il passato prossimo. Un loop perverso. Non ci sorprende che, negli ultimi tempi, molti game designer leggendari abbiano abbandonato le loro aziende per dedicarsi a nuovi progetti: Will Wright, per esempio. E Fumito Ueda (Ico, Shadow of the Colossus). Shigeru Miyamoto, icona di Nintendo e condannato a riproporci Mario in tutte le salse, non ha fatto mistero di voler perseguire i suoi progetti personali. Alexandre Amancio, direttore creativo di Assassin's Creed, ha lasciato l'industria dei videogame tout court dopo sette anni con Ubisoft Montreal. A scanso di equivoci, ci tengo a precisare che non esiste una relazione di causa ed effetto tra la longevità delle console e l'assenza di originalità dell'offerta ludica attuale. Ma il persistere di un hardware ormai datato a la crisi economica che spinge i publisher a battere strade battute invece di esplorare nuovi itinerari sta definitivamente esacerbando il problema.
Game over? Ci auguriamo che l'E3 di Los Angeles ci smentisca su tutti i fronti.
Immagine: Alienware X51, courtesy of Dell." (Matteo Bittanti, WIRED)
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