Una versione "accorciata" del seguente articolo è stata pubblicata su Saturno, il supplemento del Fatto Quotidiano, diretto da Riccardo Chiaberge.
Benvenuti nell'era della "disoccupazione tecnologica"
Matteo Bittanti
"Siamo afflitti da una nuova malattia, una malattia di cui alcuni lettori potrebbero non avere ancora sentito parlare, ma di cui si parlerà parecchio nei prossimi anni, la disoccupazione tecnologica. La disoccupazione causata dall'ottimizzazione dei nostri strumenti per produrre nuovi merci e nuovi lavori" (John Maynard Keynes, 1930)
Nel futuro di Terminator (James Cameron, 1984), una volta raggiunta la piena auto coscienza, le macchine decidono di spazzare via la razza umana e di assumere il pieno controllo del pianeta. Hollywood usa fumi e raggi laser per raccontare situazione assai meno glamour. Pochi se ne sono accorti, ma quel futuro è già arrivato. La battaglia tra gli uomini e le macchine è in atto da diversi anni. Le macchine ci stanno effettivamente eliminando. Ma dolcemente, senza fare troppo rumore. Si tratta di un conflitto poco spettacolare, senza effetti apeciali, poco "raccontabile", per così dire. Anche per questo motivo, i mass media hanno ignorato, trascurato e sottovalutato la minaccia. Non si tratta tanto di una cospirazione quanto di una miopia diffusa.
I due dirigono il Centro di Ricerca del Business Digitale del MIT, osservatorio privilegiato e task force economica che studia i processi di innovazione tecnologica legati alla produttività industriale. Per anni i due hanno celebrato i benefici apportati dalle nuove tecnologie, computer in primis. Race Against The Machine era nato, originamente, come l'ennesima idealizzazione del verbo digitale ("The Digital Frontier"). Ma durante la fase di ricerca e stesura, Brynjolfsson e McAfee hanno cambiato radicalmente opinione.
Nel denso ma agile volume distribuito in formato digitale nell’ottobre 2011, i due ricercatori individuano nella tecnologia una delle cause principali dell'attuale crisi del lavoro. Ovvero: le innovazioni nel campo dell’automazione, dell’intelligenza artificiale e della cibernetica hanno eliminato - ed elimineranno - innumervevoli professioni un tempo svolte da esseri umani.
Brynjolfsson e McAfee prevedono infatti che nei prossimi decenni i "lavori in via di estinzione" si moltiplicheranno - mentre le "nuove" professioni - quelle create ex novo dall'innovazone tecnologica - cresceranno a ritmi assai più lenti. I progressi nel campo del riconoscimento vocale, il crescente successo dell’ecommerce, la diffusione della distribuzione digitale dei contenuti audiovisivi e testuali, la diffusione di sistemi cibernetici, i sistemi di controllo degli inventari digitali, le telecomunicazioni a costo zero sono alcuni esempi di quell’”automazione avanzata” che sta causando un radicale riassetto delle funzioni e ruoli dei lavoratori di livello medio - ma anche elevato, come vedremo - all’interno delle società.
Race Against The Machine descrive dunque un curioso paradosso: da un lato, le grandi corporation americane godono di eccellente salute, come attestano svariati indicatori economici che sono rimbalzati rapidamente all'indomani della Grande Recessione ufficialmente terminata nel giugno 2009. Per esempio, la crescita del PIL media è stata del 2,6% nei primi sette quadrimestri dopo la fine della recessione, un tasso pari al 75% rispetto alla media a lungo termine sul periodo compreso tra il 1948 e il 2007. Nel medesimo periodo, i profitti delle aziende americane hanno raggiunto nuovi record. Già nel 2010, gli investimenti in equipaggiamenti tecnologici (computer, robot, macchinari) e software sono tornati al 95% del massimo storico. Si tratta del più rapido recupero degli investimenti in attrezzature in una generazione.
Un curioso paradosso: mentre la produttività e i profitti delle principali corporation statunitensi sono in crescita, i posti di lavoro e i guadagni medi delle famiglie americane diminuiscono. Secondo Brynjolfsson e McAfee, la "colpa" è dell'innovazione tecnologica che sta rendendo obsoleti, dunque inutili, gli esseri umani. Esempio: qualche punto positivo della percentuale di crescita della produttività su base annuale può produrre grandi differenze di ricchezza nel tempo. Se la produttività del lavoro cresce al 1%, come ha fatto per gran parte del diciannovesimo secolo, occorrono circa 70 anni per gli standard di vita per raddoppiare. Tuttavia, se cresce al 4% l'anno, come è successo nel 2010, gli standard di vita diventano 16 volte più alti dopo 70 anni. Ora, il 4% di crescita è eccezionale, ma la buona notizia è che l'ultimo decennio la produttività del lavoro è cresciuta in modo sistematico dal 1960. La media di oltre 2,5% di crescita annuo è di gran lunga migliore rispetto agli anni '70 e '80, e si avvicina a quella degli anni '90 (vedi Figura 3.1). Gli economisti attribuiscono all'IT (acronimo di information technology) la ragione di tale crescita. In contrasto con la produttività del lavoro, il reddito familiare medio è cresciuto lentamente dal 1970 (Figura 3.2) quando gli effetti dell'inflazione vengono presi in considerazione. Migliaia di miliardi di dollari di ricchezza sono stati creati negli ultimi decenni, ma la maggior parte è andato a una quota relativamente piccola della popolazione. L'economista Ed Wolff ha rilevato che oltre il 100% di tutto l'aumento della ricchezza in America tra il 1983 e il 2009, hanno beneficiato meno del 20% delle famiglie statunitesi. Gli altri quattro quinti della popolazione hanno visto una netta diminuzione della ricchezza nel corso degli ultimi 30 anni. A sua volta, la parte superiore del 5% rappresenta oltre l'80% dell'incremento netto di ricchezza. L'1% oltre il 40% (fonte: Brynjolfsson & McAfee, 2011)
Domanda: Dove sono andati a finire quei dodici milioni di posti di lavoro? Per quale motivo la disoccupazione persiste? Nel primo capitolo di Race Against The Machine, gli autori illustrano tre possibili spiegazioni fornite dagli economisti: ciclicità, stagnazione e "fine del lavoro".
Vediamole brevemente.
1) Ciclicità
La spiegazione ciclica sostiene che il fenomeno, in realtà, non presenta caratteri misteriosi: la disoccupazione negli Stati Uniti rimane elevata semplicemente perché l'economia non cresce abbastanza velocemente da consentire nuove assunzioni. Paul Krugman è uno dei principali sostenitori di questa tesi: "I fatti suggeriscono che la disoccupazione elevata in America è il risultato di una domanda insufficiente. Fine della storia." Tesi condivisa da Peter Orszag, ex diirettore della Gestione e Bilancio, per il quale, la crescita debole dell'economia impedisce a un numero consistente di americani di rientrare a far parte della manovalanza attiva. In breve, la spiegazione "ciclica" suggerisce che dal 2007 gli Stati Uniti stanno vivendo una flessione del ciclo economico in atto. Una flessione particolarmente dolorosa, ma non per questo inaspettata o inusuale.
2) Stagnazione
Cowen e altri economisti, come Leo Tilman e Edmund Phelps non sottovalutano le implicazioni della Grande Recessione, ma non attribuiscono a questo fenomeno la causa principale della ripresa lenta e dell'elevata disoccupazione. Per Cowen, i problemi attuali sono dovuti a una crisi profonda, legati alla crisi delle idee che guidano il progresso economico. Detto altrimenti: non ci troviamo di fronte a una flessione o di un ciclo negativo, bensì a una crisi sistemica che affonda le sue radici addirittura negli anni Settanta.
3) La "fine del lavoro"
La terza spiegazione ribalta le conclusioni della precedente: le ragioni della crisi non sono attribuibili alla carenza di sviluppo tecnologico (il "plateau"). Al contrario, la crisi è il risultato di un eccesso di sviluppo tecnologico. Come ha previsto Jeremy Rifkin nel suo controverso - e profetico - best-seller La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l'avvento del post-mercato (1995), “Negli anni a venire, il software svolgerà in modo rapido ed efficiente le funzioni di milioni di esseri umani”. Uno dei catalizzatori di questa trasformazione è il computer. La conclusione di Rifkin è insieme apodittica e apocalittica: "Stiamo entrando in una nuova fase nella storia mondiale, una fase in cui i lavoratori saranno sempre meno necessari per produrre i beni e servizi per la popolazione mondiale". In altre parole, milioni di esseri umani stanno diventando obsoleti, arcaici e sostanzialmente inutili, sul piano economico.
Questo rappresenta un problema non irrilevante. Per Rifkin, rappresenta IL problema del ventunesimo secolo. Non è il solo. Già John Maynard Keynes negli anni Trenta e teorici del management come Peter Drucker e il Premio Nobel Wassily Leontief hanno discusso il fenomeno. Leontief già nel 1983 scriveva: "Il ruolo degli esseri umani come il fattore più importante della produzione è destinata a diminuire in modo analogo al ruolo del cavallo nella produzione agricola, che è prima diminuito considerevolmente e poi eliminato del tutto in seguito all'introduzione di trattori". La medesima tesi ritorna nel recente The Lights in the Tunnel (2009) di Martin Ford, un analista della Silicon Valley: "Ad un certo punto, nel prossimo futuro - tra molti anni o qualche decennio - le macchine saranno in grado di svolgere le mansioni di milioni di individui 'medi' della nostra popolazione, e queste persone non saranno in grado di trovare nuovi posti di lavoro." Sorprendentemente, un grande numero di economisti sembrabno ignorare la gravità della situazione - l'idea che i computer e l'automazione stiano rendendo "inutili" milioni di individui non ha raggiunto il mainstream, che invece crede ciecamente in figure messianiche come Steve Jobs e nel potere liberatorio della tecnologia. Potere del marketing e della pubblicità.
"Alcune capacità umane sono più importanti che mai, anche in un'epoca di tecnologie digitali incredibilmente potenti e sofisticate. Ma altre competenze sono diventate inutili, e le persone che possiedono competenze ormai obsolete oggi scoprono che hanno ben poco da offrire ai datori di lavoro. Milioni di persone stanno perdendo la gara contro le macchine, come testimoniano le statistiche sull'occupazione attuale". (Brynjolfsson & McAfee, 2011)
Negli anni Dieci del ventesimo secolo, Henry Ford poteva permettersi di offrire $5 dollari all'ora ai suoi dipendenti. Un compenso particolarmente alto per i tempi. Non si tratta tanto di generosità o filantropia, quanto di puro calcolo economico. Ogni incremento di produttività richiede un corrispondente incremento nel numero di consumatori in grado di acquistare le merci prodotte. Ford pagava di più i suoi dipendenti in modo da consentire loro di acquistare le automobili vendute a prezzi più bassi di quelli della concorrenza. La strategia di Henry Ford è considerata un esempio paradigmatico di incremento della produttività favorito dlla tecnologia (in questo caso, la catena di montaggio e l'automazione) che a sua volta beneficia i lavoratori e in consumatori, in quanto l'ottimizzazione produce una riduzione dei costi. L'economia cresce e sono tutti contenti. Cento anni dopo, tuttavia, la situazione è drasticamente cambiata. Nel momento in cui la tecnologia si evolve a ritmi esponenziali anziché lineari, la manodopera diventa, in larga parte, inutile. Anziché creare nuovi posti di lavoro, la tecnologia li distrugge.
Questo processo è in atto, oggi, e le conseguenze saranno radicali. Rettifico: le conseguenze sono radicali. La tesi che l'innovazione tecnologica apporti benefici a larghe fette della popolazione è un mito, una favola, uno slogan pubblicitario. Il termine "tecnologia" non si riferisce esclusivamente all'hardware, ma anche - soprattutto - al software. Gli algoritmi stanno rendendo obsolete numerose mansioni. Avvocati che avevano investito anni e risorse per acquisire sofisticate competenze e abilità oggi si trovano a competere con computer e database online che svolgono le stesse funzioni assai più rapidamente, a un decimo dei costi. Gli scanner elettronici per l'individuazione di tumori stanno rimpiazzando i radiologi professionisti che oggi guadagnano fino a 300,000 dollari negli Stati Uniti. In altre parole, non sono solo i cassieri dei supermercati, i librai e gli addetti al pedaggio autostradale ad essere diventati irrilevanti nottetempo. Categorie come medicina, legge, educazione, finanza e persino ricerca scientifica, oggi, sono "a rischio". Secondo Martin Ford, oltre il 40% delle professioni attuali negli Stati Uniti (pari a oltre 50 milioni di individui) potrebbe essere svolta in modo altrettanto efficiente da una macchina. La percentuale e il grado di efficienza sono destinate a crescere rapidamente nei prossimi anni. Dobbiamo aspettarci serie trasformazioni sociali entro una decade.
"Negli ultimi 25 anni, attività fisiche che richiedono una certa coordinazione fisica e percezione sensoriale si sono dimostrate più resistenti per l'automazione di elaborazione delle informazioni di base, un fenomeno conosciuto come Paradosso di Moravec '. Per esempio, molti tipi di lavoro d'ufficio sono statti automatizzati, e milioni di persone interagiscono con i cassieri di banca robot e agenti biglietterie aeroportuali ogni giorno." (Brynjolfsson & McAfee, 2011)
Ray Kurzweil ha illustrato in modo convincente che la crescita esponenziale della tecnologia è ingannevole perché inizialmente irrilevante. Gli aumenti esponenziali inizialmente assomigliano a quelli lineari, ma in realtà sono profondamente differenti. Smentiscono le nostre previsioni perché sono difficili da immaginare e prevedere.
L’innovazione tecnologica sta falciando anche gli "esperti" e i "professionisti" ai quali - fino a poco tempo fa - erano richiesti complessi processi critici, creativi e cognitivi. La crisi del lavoro non è temporanea, ma permanente: "Non ci troviamo nel mezzo di una Grande Recessione o di una Grande Stagnazione - scrivono Brynjolfsson e McAfee - Semmai, siamo ufficialmente entrati in una fase di Grande Ristrutturazione". Questo fenomeno determina una situazione potenzialmente esplosiva considerando che la longevità media nelle nazioni tecnologicamente più avanzate è in crescita (gli americani, per esempio, oggi vivono una decade in più rispetto agli anni Sessanta). Conseguenze: vivremo più a lungo, ma faticheremo a trovare un posto di lavoro. Il gap tra esistenza e sussistenza è destinato a crescere.
Sono necessarie misure radicali per evitare il collasso del sistema – nel capitolo conclusivo gli autori indicano diciannove possibili contromisure, ahinoi, tanto vaghe quanto ovvie. La prima? "Investire in educazione". Come dicevamo in apertura, SkyNet ha assunto pieno controllo: le macchine ci stanno eliminando, ma dolcemente, senza fare troppo rumore. Si potrebbe concludere che la Legge di Moore - secondo la quale "Le prestazioni dei processori e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi", non è che una parafrasi della Legge di Murphy. Ovvero: "Se qualcosa può andar male, lo farà". (Matteo Bittanti)
Senza dubbio ci adatteremo.
Fine della produzione. Ci pensano le macchine.
Voi umani socializzate. In fondo è solo un altro tipo di lavoro.
Baudrillard docet.
Poi il PIL (più o meno equamente) qualcuno lo si re-distribuirà giusto?^^
Posted by: Niccolo | 12/17/2011 at 08:13 PM