Kindle Library circa 2011, Photo credit: Matteo Bittanti
"Gli Stati Uniti consumano libri in quantità industriali. In media, ogni secondo vengono venduti circa 57 volumi, pari a 5 milioni al giorno. Ogni anno, vengono pubblicati circa due miliardi di libri, 350 milioni di riviste e 24 miliardi di quotidiani. Questa incredibile produzione richiede qualcosa come 68 milioni di tonnellate di carta e cartone, pari a 25 milioni di alberi. Il processo comporta inoltre il rilascio nell'atmosfera di 12.8 milioni di diossido di carbonio. Un disastro ambientale di cui nessuno parla. Per converso, occorre produrre 22 e-book per causare gli stessi danni inflitti all'ambiente da un singolo libro di carta. Se gli Stati Uniti riuscissero a ridurre anche solo del 10% la produzione dei volumi cartacei su base annuale, il risparmio energetico consentirebbe di riscaldare 228,000 abitazioni e ridurre l'emissione di anidride carbonica di ben 1.45 milioni di metri cubi - che corrispondono all'emissione di sostanze tossiche prodotte da 280,000 veicoli in movimento -, nonché decurtare di 50 di miliardi di litri il fabbisogno di acqua (fonte: Publishers.org, Greenpressinitiative.org).
Se ancora non fosse chiaro, la lettura su carta è un lusso che non possiamo più permetterci.
Fortunatamente, negli Stati Uniti, gli e-book hanno raggiunto quote di mercato superiori al 20% del totale complessivo, stando alla Association of American Publishers. La domanda è in forte crescita, a riprova che la lettura è tutt'altro che in crisi. Per converso, l'Europa - e l'Italia in particolare - hanno accumulato un ritardo di circa tre anni rispetto agli Stati Uniti per quanto concerne la lettura elettronica. L'arretratezza dell'Italia è così spiccata che Mondadori ritiene più sensato vendere sui mercati anglofoni i libri in formato elettronico di cui detiene i diritti anziché investire sull'e-book locale (fonte: Publishing Perspectives, 21 Ottobre 2011). In un articolo pubblicato lo scorso ottobre su PaidContent, Laura Hazard Owen descrive un panorama editoriale a due velocità: il Primo Mondo (Stati Uniti) e il Secondo Mondo: "In Germania, Spagna, Francia e Svezia, il mercato degli ebook ammonta a meno dell'1% delle vendite complessive. Le vendite di ebook nella maggior parte dell'America Latina, Asia e Africa sono trascurabili, se non irrilevanti".
Diciamolo: nel Belpaese, la lettura elettronica avrà ufficialmente inizio solo quando Amazon deciderà di commercializzare i lettori Kindle anche da queste parti. Non prima. Per quanto sia possibile acquistare diversi modelli Kindle dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra, non esiste ancora un mercato tricolore dell'e-reader. Non solo: è difficile prevedere che i lettori digitali riscuoteranno in Italia il medesimo successo che hanno incontrato negli Stati Uniti. La percezione che il libro "vero" sia quello di cellulosa e colla e che la versione elettronica sia inferiore, un mero surrogato, è dura a morire. Anzi, viene promossa attivamente. Gli intellettuali di destra e di sinistra sono compatti nel condannare l'e-reader e l'-ebook, per motivi ideologici (tecnofobia in primis), culturali ed economici.
Più che l'e-reader in quanto tale, numerosi osservatori sembrano temere la democratizzazione dei processi di scrittura e la diversificazione delle modalità di accesso alle informazioni. L'atteggiamento di pura isteria che caratterizza alcuni articoli che mi è capitato di leggere negli ultimi mesi non lascia spazio ai dubbi. L'e-book spaventa la Vecchia Guardia. Si consideri, per esempio, l'intervento di Sandro Ferri sul Sole 24 Ore del 9 ottobre 2011 intitolato "L'e-book non soppianterà gli editori". In questo esercizio di fantascienza applicata, Ferri discute l'avvento degli e-book in relazione a un'ipotetica scomparsa degli editori (?). Un puro non sequitur. Un autentico paralogismo. Dopo aver sottolineato, con palpabile angoscia, che nell'era digitale, "il libro perde la sua pesante veste fisica", Ferri osserva con toni allarmistici:
"A questo punto non ci sarà bisogno degli editori, dei librai, dei distributori, dei tipografi, dei taglialegna per tagliare le piante per produrre la carta. L'autore inoltre potrà (già può) "mettere" il suo e-book su Internet, magari direttamente su un proprio sito senza nemmeno dover ricorrere alla mediazione di Amazon o di un'altra piattaforma o e-store, e aspettare che il lettore, attratto dalla sua notorietà oppure dalla possibilità di provare qualche pagina, lo acquisti. Che bisogno c'è dell'editore?" (Sandro Ferri, Il Sole 24 Ore)
Si tratta, ovviamente, di una domanda retorica. Una trappola per topi da biblioteca. Ferri evidentemente ignora che, nella maggior parte dei casi, il libro nasce in formato elettronico: è un file di testo composto con un Word processor che viene corretto sullo schermo e, successivamente, stampato su carta e distribuito in libreria. Non si vede dunque come/perché la distribuzione del testo in formato elettronico debba eliminare il ruolo e la funzione dell'editore. Ipotizzare che l'avvento dell'e-book possa determinare la fine dell'editoria tout court è privo di senso. E' un po' come chiedersi se i veicoli elettrici renderanno obsolete le strade. Ma Ferri non demorde e descrive - emulando i toni apocalittici del Ray Bradbury di Fahrenheit 451 - una "società senza editori". Una società "probabilmente più democratica", ma caotica. Ferri teme che i lettori si perderanno nel marasma della rete e annegheranno nell'oceano dei bit, travolti da ondate di libri mediocri. Usando metriche nebulose, il nostro prevede che gli "internauti" (sic) in cerca di libri di qualità falliranno "novantanove volte su cento"! Accidenti, siamo proprio nei guai.
"Pure i lettori saranno più liberi, meno condizionati da editori, librai e critici. Ma concretamente come potrà il lettore esercitare questa sua nuova e maggiore libertà? Seduto davanti al computer, come sceglierà le proprie letture? Chi ha tempo a disposizione potrà navigare tra siti e link e consigli di altri internauti e, leggiucchiando qualche riga qui, sfogliando un po' di pagine là, potrà ordinare un libro direttamente all'autore. Gli altri… Intanto, camminando svogliatamente su e giù per casa nella sua vestaglia lisa da disoccupato, l'editore ghignerà e/o sospirerà con amarezza. Perché lui sa che novantanove volte su cento l'approdo dell'internauta sarà un fallimento, somiglierà più all'isola dei Ciclopi che a Itaca o anche alle inizialmente accoglienti braccia di Circe." (Sandro Ferri, Il Sole 24 Ore)
Ferri annuncia e insieme denuncia un'epoca di barbarie digitali. L'e-book e la "società senza editori" condurranno...
"All'incubo della moltiplicazione della mediocrità, della confusione, della rinuncia a leggere. A quel punto, se mai ci si arrivasse veramente, succederebbe forse quello che è successo a volte nella storia umana: in mezzo al caos e alla sfiducia si ergerebbero, richiesti a furor di popolo, degli aspiranti tiranni, in questo caso degli editori capaci di imporre qualsiasi scelta per quanto scellerata, qualsiasi moda, qualsiasi autore per quanto mediocre, perché capaci di proclamare, approfittando della generale stanchezza e confusione, il trionfale avvento della Nuova Grande Opera, quella che piacerà per forza a tutti, che nessuno oserà discutere. In fondo questo modello già funziona oggi in una sua versione più morbida: il bestseller, il libro di cui si parla e che tutti devono aver letto, il libro che l'editore "pompa" con tutte le proprie risorse di marketing." (Sandro Ferri, Il Sole 24 Ore)
Confesso che faccio fatica a seguire la logica vertiginosa del Ferri nonché questo peculiare revisionismo storico. Ricapitoliamo. In apertura, Ferri si interroga sul destino degli editori dopo l'introduzione degli ebook, ipotizzandone la loro scomparsa (uno scenario assurdo, ma stiamo al gioco). Quindi descrive le caratteristiche della "società senza editori" (un esercizio privo di senso, ma stiamo al gioco). Si tratta di una società caratterizzata dalla "mediocrità" dell'offerta, un caos letterario che porterà alla "rinuncia della lettura". A quel punto, scrive Ferri, nuovi editori-dittatori approfitteranno della crisi per imporre "la Nuova Grande Opera, quella che piacerà per forza a tutti, che nessuno oserà discutere". Ossia: il best-seller che domina le classifiche di vendita e occupa gli scaffali delle librerie. Anche in questo caso, il passaggio dal caos al best-seller imposto dagli "editori scellerati" non è per niente chiaro, ma stiamo al gioco. In apparenza, Ferri finge di criticare la situazione esistente, ma de facto elogia e difende le scelte degli editori, perché il best-seller "a volte è un "buon libro", ma anche, forse soprattutto, [...] è una scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta delle migliaia di titoli e autori sconosciuti, delle proposte ammiccanti e a volte truffaldine, che sempre meno gli editori contemporanei hanno potuto o voluto filtrare per loro."
Il modello attuale - che prevede un dispendio enorme di risorse economiche e pubblicitarie per promuovere pochi titoli selezionati a monte da un'élite di publisher - è secondo Ferri preferibile a modelli alternativi, in cui il successo o il fallimento di un'opera è determinato da fattori bottom-up, come il passaparola dei lettori, invece che da logiche top-down. La libertà di scelta, secondo Ferri, è il peggiore dei mali. I lettori vanno gestiti dall'alto. I lettori non sanno quello che vogliono.
Mentre leggevo il pezzo sul Sole 24 Ore, mi chiedevo se i virtuosismi retorici di Ferri fossero un escamotage ironico, un'audace critica allo status quo mascherata da performance letteraria. La risposta è negativa. Ferri afferma con invidiabile sicumera che il best-seller rappresenta una "scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta delle migliaia di titoli e autori sconosciuti". Alla democrazia dell'accesso eccessivo è preferibile la dittatura dell'editore illuminato in vestaglia. Per cui, "non potrà esistere una società senza editori se non nella forma di uno svogliato parterre dove un'offerta di opere confusa e mediocre incontrerà dei lettori sempre più annoiati e attratti da altri modi di impiegare il proprio tempo."
Si tratta di una tesi aberrante, apertamente reazionaria. Implicitamente, Ferri considera i lettori una massa di idioti - distratti, incapaci di riconoscere una prosa di qualità - e che pertanto vanno imboccati dagli editori. Senza la guida saggia di un publisher che non ha altro interesse se non quello di promuovere sicuri best-seller "che, a volte, possono rivelarsi autentici gioielli", non sapremmo proprio che pesci pigliare, per restare in tema ittico.
Ora, premesso che l'era dell'e-book non segna la fine del "filtro" che secondo Ferri rappresenta l'unica ancora di salvezza culturale, mi domando se il nostro sia consapevole che la storia della narrativa di massa è stata segnata da innumerevoli rifiuti celebri. Editori che hanno negato ad autori la pubblicazione di manoscritti in seguito diventati "sicuri best-seller", dal Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach a Gente di Dublino di James Joyce (rifiutato ben 22 volte), da Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta di Robert Pirsig a Via col vento di Margaret Mitchell, passando per Carrie di Stephen King. La lista è lunga. Se le librerie sono piene di stupidaggini televisive, merchandise e spin-off hollywoodiani, la colpa è proprio degli editori e di quei benpensanti che non solo accettano, ma giustificano lo status quo, presentandolo come il migliore dei mondi possibili.
L'e-book, caro Ferri, non elimina gli editori. Nè, tanto meno, opprime i lettori. Semmai, li moltiplica, consentendo a nuovi soggetti di partecipare al gioco della cultura. Alcuni nuovi editori che hanno accolto la sfida del libro elettronico sono minuscoli, altri giganteschi. Tra questi ultimi spicca Amazon, che qualche mese fa ha annunciato di aver stretto accordi direttamente con gli scrittori, diventando un publisher a tutti gli effetti. Il catalogo autunnale-invernale di Amazon include 122 libri in formato cartaceo ed elettronico (fonte: New York Times). Amazon oggi compete direttamente con alcuni dei suoi principali clienti, come Random House, MacMillian e Penguin. L'ingresso di Amazon sulle scene beneficia chiaramente gli scrittori, in quanto il gigante di Seattle può fornire loro informazioni accurate sulle abitudini di consumo dei lettori - dati preziosi che gli editori "tradizionali" non possiedono. Kindle, de facto, è un geniale sistema di tracking della lettura, un dispositivo panottico di straordinaria efficacia. Immagino che i futuri modelli includeranno una webcam in grado di misurare la velocità di lettura dei clienti. Già ora Amazon è in grado di raccogliere informazioni relative ai passaggi sottolineati dagli utenti, nonché i loro commenti e note. Con Kindle, la pratica della lettura, un tempo privata, è diventata pubblica, come ho scritto altrove. Kindle, lo ricordo, non è un semplice lettore, ma una poderosa infrastruttura: è hardware, software e network.
Tuttavia, alcuni editori stanno attivamente combattendo la prassi della sottolineatura pubblica, imponendo limiti arbitrari al numero di passaggi visualizzabili sul sito Kindle di Amazon. Nel caso di Race Against the Machine, che ho discusso qui, il numero massimo di sottolineature visualizzabili pubblicamente è 120. L'obiettivo? Limitare i passaggi accessibili in rete online ergo contenere gli estratti visibili "gratuitamente". Ma la manovra repressiva degli editori è inopportuna. Francamente la trovo irritante. Scommetto che anche Walter Benjamin lo giudicherebbe tale. Nel 1928 scriveva:
Già oggi, come attesta contemporaneo di produrre conoscenza, il libro rappresenta una mediazione obsoleta tra due sistemi di classificazione cartacei. Le cose che contano davvero si trovano negli appunti e nelle note del ricercatore che li scrive e nel lettore che li studia e li assimila nel suo archivio personale (Walter Benjamin, Einbahnstraße, 1928)
Un fenomeno ancora più fastidioso è la restrizione alla vendita di volumi digitali sui vari mercati. Esempio emblematico: This is Not the End of The Book (2010), una conversazione tra Umberto Eco e Jean Claude Carrieré sul futuro del libro. Pur essendo disponibile per Kindle, il testo può essere acquistato in formato digitale solamente nel Regno Unito. Se vivi negli Stati Uniti, sei costretto ad acquistarti il pesante e ingombrante volume brossurato. A parte il tempo necessario per ottenere cento pagine di informazioni, l'impatto ambientale è notevole. Il libro va stampato, imbustato, spedito via posta aerea, consegnato via corriere... Ridicolo. Che senso hanno questi vincoli geografici nell'era dell'accesso persistente? Che senso hanno queste arcaiche restrizioni nel "villaggio globale"?
Caro editore, il titolo che hai scelto è menzognero e andrebbe modificato in Questa [politica idiota] segna la fine del libro. Va da sé che ho rinunciato all'acquisto del summenzionato volume. Una semplice ricerca su Google mi ha permesso di recuperare la versione PDF. Un numero preoccupante di editori non ha capito che quando si rende la vita difficile agli utenti disposti ad acquistare legalmente una merce culturale in formato elettronico - parole, musica, immagini in movimento - si finisce inevitabilmente per spingerli verso forme di distribuzione alternativa. La pirateria, come ci ricorda Matt Mason, è l'effetto di politiche miopie protezioniste, una reazione a modelli di business vetusti e irrazionali.
Questi, caro Ferri, sono problemi reali. Non è l'e-book a causare l'estinzione degli editori. Semmai, è l'incapacità dell'editore di rispondere alle sfide - e alle opportunità - della società digitale a metterne in discussione la propria utilità. Oggi che la scansione di un libro di carta si approssima allo zero, la distribuzione online di copie illegali è destinata ad esplodere. Per prevenire l'inevitabile emorraggia, gli editori "tradizionali" dovrebbero darsi una svegliata. Dopo tutto, non siamo più in Kansas, Dorothy.
A proposito di sfide. Nel momento in cui i libri si smaterializzano, scomparendo dai nostri scaffali, diventa fondamentale visualizzare in modo creativo e insieme efficace le nostre collezioni di parole elettroniche. Le modalità di rappresentazione degli e-book su Kindle, per esempio, è tutt'altro che impressionante. Trovo più interessante - sul piano estetico, per lo meno - la recente proposta di Google. L'azienda californiana sta sviluppando interfacce digitali per reinventare lo scaffale. Un esempio è visibile qui. Sul blog di Google leggiamo:
"Abbiamo immaginato qualcosa di simile sugli scaffali del salotto, ma questa interfaccia è anche in grado di visualizzare l'enorme numero di titoli disponibili online - molti più di quelli che possono occupare uno scaffale tradizionale. Abbiamo progettato una libreria digitale che ricorda un'elica infinita a tre dimensioni, un'elica navigabile in alto e in basso con il pulsante del mouse che contiene i modelli tridimensionali di oltre 10.000 volumi di Google Books" (fonte: Google)
Nella biblioteca virtuale di Google, lo scibile umano è suddiviso in 28 differenti categorie. Cliccando su una di queste, la telecamera virtuale vola a mostrare i libri disponibili. Una mano elettronica, invisibile preleva un libro e lo visualizza al centro dello schermo. Cliccando sull'immagine in alta risoluzione, viene mostrata la copertina, quindi la pagina con il titolo, il nome dell'autore e una breve sinossi. Si tratta, a tutti gli effetti, di un tech demo per Google Chrome, ma siamo ancora lontani da una biblioteca online effettivamente utile o usabile, per dirla con Jakob Nielsen.
Lo scaffale virtuale di Google è un esempio paradigmatico di quello che Marshall McLuhan ha definito la "sindrome dello specchietto retrovisore". Invece di inventare il futuro, il futuro con la "F" maiuscola, ci limitiamo ad aggiornare il passato, a riproporre il vecchio sotto mentite spoglie, perché incapaci di sfruttare appieno il potenziale del nuovo medium. detto altrimenti: un e-book non è un libro, ma una serie di informazioni di natura testuale. I libri sono normalmente impilati sugli scaffali, ma le informazioni di natura testuale non abbisognano necessariamente di una simile struttura. Lo scaffale virtuale rappresenta dunque un'analogia debole, come desktop (scrivania), folder (cartella) e file (documento). Gli e-book si meritano interfacce intelligenti, evolute, autenticamente digitali.
In attesa che Google proponga qualcosa di più avvincente, è ancora una volta Amazon ad offrire servizi innovativi nell'ambito della lettura elettronica. Dalle formule di abbonamento ai libri - si parla da tempo di una sorta di Netflix editoriale, per cui gli utenti potranno accedere via Kindle a un numero pressoché infinito di testi - al prestito, per cui già ora è possibile "noleggiare" un libro elettronico di recente e recentissima pubblicazione per un periodo di tempo limitato (14 giorni), a costo zero. I manuali e i libri di testo, inoltre, possono essere noleggiati fino a 30 giorni. Amazon sta sperimentando nuovi formati, come Singles, saggi di media lunghezza, commercializzati a prezzi irrisori - da un minimo di 1 dollaro a un massimo di 3. L'eccellente The Long Run di Mishka Shubaly ha una lunghezza di 60 pagine: un formato ideale per un e-reader. Il modello di Amazon è stato immediatamente imitato da numerosi publishers americani, tra cui la prestigiosa Princeton University Press. Amazon inoltre offre agli utenti servizi di self-publishing elettronica: i neo-scrittori possono pubblicare e distribuire attraverso la piattaforma Kindle i propri libri, lasciando al mercato la possibilità di valutare la qualità delle produzioni, un'eventualità che Ferri trova, gosh, aberrante.
Le manovre di Amazon beneficiano i lettori e terrorizzano tutti quegli editori che si sono dimostrati incapaci di cogliere gli effetti dirompenti delle nuove tecnologie. Effetti che Marshall McLuhan -celebrato in tutto il mondo in occasione del suo centenario tranne che in Italia (salvo eccezioni, per esempio, LINK) - aveva previsto con sorprendente lucidità mezzo secolo fa.
Concludendo, scrittura e lettura stanno vivendo una fase di grande trasformazione. Guadiamo al presente e al futuro senza paura. Al pari di Seinfeld, non comprendiamo l'ossessione coatta per carta e cellulosa, scaffali e brossura. Dopo tutto, amiamo le idee. E le idee, com'è noto, viaggiano su media differenti - la carta, lo schermo, i lettori mp3. L'avvento degli e-book non determinerà la fine della cultura, degli editori, dei lettori. Semmai, sta favorendo l'avvento di nuovi modelli creativi, produttivi e distributivi. L'hype del marketing è dannoso, ma non c'è nulla di più letale dell'isteria reazionaria della Vecchia Guardia.
Buone letture." (Matteo Bittanti, WIRED)
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Credits: Ringrazio Kurren per la citazione di Benjamin.
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