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Di seguito, la seconda parte del mio saggio di prossima pubblicazione su Marshall McLuhan e il futuro della scrittura/lettura. La prima parte è disponibile qui.
"Londra, 27 aprile 1972. McLuhan partecipa a un convegno intitolato “Do Books Matter?” moderato dal Duca di Edinburgo. Nella grande sala del National Film Theatre, il teorico canadese espone le sue tesi in un intervento fulminante intitolato “The Future of The Book” [nota 1], seguito ideale di “Is Book Dead?”, esaminato in precedenza.
In cosa consiste il futuro del libro? Soprattutto, i libri hanno un futuro? La risposta di McLuhan è insieme semplice ed incredibilmente complessa. Lungi dall’essere giunta al capolinea, la trasmissione di idee ed informazioni attraverso il medium della carta stampata sta nondimeno attraversando una fase di radicale trasformazione. Riprendendendo ed elaborando idee già formulate qualche anno prima sul tema della xenografia, McLuhan preconizza sostanziali mutamenti non solo per quanto concerne l’oggetto libro – destinato a mutare in servizio – ma soprattutto per quanto riguarda le pratiche di scrittura & lettura. In estrema sintesi, McLuhan descrive in modo lucido e accurato quei processi di democratizzazione e quelle nuove modalità di accesso e consumo che caratterizzano la rete. Altre “profezie” del teorico canadese, come vedremo, presentano invece aspetti avveniristici anche per la prima decade del ventunesimo secolo.
McLuhan apre il suo intervento operando una distinzione operativa tra il libro stampato e altri media. Per esempio, McLuhan afferma che “[A] differenza della radio e del fonografo, l'ambiente creato dal libro non converge con scene sociali e dialoghi. Nel momento in cui il suono e le immagini in movimento avvolgono l’utente, questi si ‘spegne’ al fine di preservare la sua identità” (174). Questo passaggio, in apparenza criptico, si spiega in modo assolutamente cristiallino tenendo conto della preoccupazione di McLuhan per quello che oggi definiremmo multitasking sinestetico. Detto altrimenti, l’immersione multisensoriale rappresenta una minaccia, un fenomeno destabilizzante, in quanto produce 'scossoni' alla psiche paragonabile agli urti indotti dall'ambiente urbano secondo Georg Simmel. Ma il multitasking sinestetico non spaventa l’uomo tribale, il quale si trova perfettamente a suo agio in un ambiente iper-stimolante, fluido, pulsante. L’immersione multisensoriale è lo spauracchio dell'“’uomo letterato”, il quale mette in atto tecniche difensive (il "distacco") per “conservare la propria identità”. Ovvero, Nicholas Carr non dice nulla di nuovo.
McLuhan s’interroga sul ruolo, sulla funzione e sulla posizione del libro all’interno del mondo elettronico, dopo aver sottolineato, en passant, che questo oggetto svolge una miriade di funzioni (ornamentale, ricreativa, strumentale) all'interno delle società alfabetizzate. La frase successiva di McLuhan è illuminante:
Nel momento in cui milioni di libri possono essere compressi nello spazio di una scatola di fiammiferi, non è semplicemente il libro, bensì l’intera libreria, a diventare portatile. (174-175)
Mentre scrivo, la “scatola di fiammiferi” di cui parla McLuhan è parcheggiata sul tavolo, a fianco del mio laptop. Si chiama iPhone. Ospita attualmente un centinaio di libri digitali, ma potrebbero starcene milioni. La “profezia” mcluhaniana ha trovato conferma quarant'anni dopo la sua originale formulazione. Lo smartphone di Apple è stato infatti introdotto sul mercato nel 2007.
Nel paragrafo successivo, McLuhan descrive con l’abituale acume che lo contraddistingue, gli effetti delle nuove tecnologie sulle forme di produzione culturale di epoche differenti. Semplificando, noi creiamo continuamente nuovi strumenti i quali, a loro volta, ci ri-creano continuamente [nota 2] Nello specifico, McLuhan descrive le tecniche di scrittura di Henry James, che prevedevano lunghe sessioni di dettatura a Theodora Bosanquet [nota 3]. Quest’ultima era infatti incaricata di tradurre la voce di James in parole su carta, per mezzo di una macchina da scrivere. Osserva McLuhan: “La macchina da scrivere ha trasferito il mondo dell’oralità alla scrittura dei libri” (175). La scrittura macchinica, in altre parole, produce un nuovo tipo di letteratura.
In questi ultimi anni, stiamo assistendo a un prepotente ritorno dell’oralità, un’oralità tecnologicamente mediata. Una delle mie app preferite per iPhone è Dragon Dictation. Mi capita spesso, quando cammino o sono alla guida, di dettare “cose” al mio smartphone. La bozza di un articolo, la lista della spesa, un memorandum, osservazioni random... La Theodora Bosanquet elettronica traduce pedissequamente i miei pensieri ad alta voce in parole, parole che mi invio con un e-mail e che talvolta rielaboro [nota 4]. Parole che altre volte restano sospese nella cartella delle “note” o finiscono nel cestino. Anche se a un occhio, anzi a un’orecchio distratto, potrà sembra che sto parlando da solo, in realtà, sono impegnato in un dialogo con il mio smartphone. E il mio smartphone presta attenzione. La sua pazienza è limitata solo dalle capacità mnemoniche e dalla durata della batteria, parametri destinati a migliorare nei prossimi anni. Ah, se solo gli esseri umani fossero ugualmente “ottimizzabili”... Ma restiamo ai libri.
Nel suo intervento, McLuhan torna a tessere le lodi della xerografia, una tecnologia giudicata rivoluzionaria. Cita anche il romanzo di Ray Bradbury, Fahrenheit 451. Questo passaggio, che ha ispirato le mie precedenti riflessioni in materia cartacea, merita di essere riportato in forma integrale per via della sua radicalità:
Nel romanzo fantastico di Ray Bradbury, Fahrenheit 451, il mondo del futuro teme il libro in quanto motivo di dissenso, diversità di opinione e di atteggiamento. Il libro rappresenta il nemico dell’unanimità e ostacolo alla felicità; per tanto deve essere distrutto. Per salvare il libro dal furioso pompiere e dal suo inceneritore, numerosi individui decidono volontariamente di memorizzare frammenti di testi importanti al fine di preservarli e garantire loro un’esistenza anche dopo il falò. Oggi si sta facendo strada la possibilità di stampare diretta sul cervello libri ed informazioni, consentendo a ogni individuo di accedere in forma istantanea a tutto quello che abbisogna. Questo superamento della pratica di lettura solleva una serie di questioni sulla funzione dei libri.(176)
Non è chiaro cosa intenda esattamente McLuhan quando si riferisce alla "stampa diretta di libri ed informazioni sul cervello" [nota 5], possibilità che consentirebbe di aggirare le pratiche di lettura convenzionali. Un’affermazione che uno si aspetterebbe di incontrare, per esempio, nella fiction di William Gibson, specie in "Johnny Mnemonic" (1981), uno dei migliori racconti dell’antologia La notte che bruciammo Chrome (1986). Nel futuro immaginato da Gibson, le informazioni – gigabyte di informazioni – vengono downloadate direttamente nella corteccia cerebrale degli individui, sebbene nel racconto originale, il protagonista fosse incapace di accedere ai dati che trasportava nel proprio cervello – de facto, era un semplice corriere. Un’alternativa al download neuronale è l’assorbimento delle informazioni testuali per mezzo di un'altrettanto avveniristica osmosi. A questo proposito, l'applicazione migliore l'ha fornita Charles Schultz, che in una classica vignetta di Peanuts mostra Lucy posizionare un libro sotto il cuscino prima di coricarsi. Alla prevedibile domanda di Linus sulle ragioni di un simile gesto, Lucy risponde imperturbabile: “Mentre dormo, le risposte filtreranno attraverso il cuscino e raggiungeranno il mio cervello!”. “...O almeno spero”, conclude la bisbetica ragazzina, di fronte a uno sbigottito Linus.
McLuhan afferma che fino a oggi, l’uomo occidentale – a differenza di quello orientale – non si è mai interrogato sugli effetti sociali e psicologici delle nuove tecnologie. L’uomo occidentale, prosegue il canadese, adotta un approccio più pragmatico, meno teorico nei confronti dei new media e delle nuove tecnologie. Non si domanda, per esempio, cosa significhi condividere, in tempo reale e con una platea globale, i dettagli della propria esistenza, dettagli che un tempo erano considerati privati. Lo fa, e basta. Su Facebook, per esempio. “L’uomo privato occidentale preferisce dire, ‘Proviamoci e vediamo che succede” (177).
L’intervento di McLuhan sul futuro del libro entra nel vivo con una serie di affermazioni fulminanti:
Il futuro del libro è inclusivo. Il libro non si dirige verso un punto omega, ma si reinventa e recupera tutti i ruoli che ha sempre svolto, grazie a nuove tecniche di impaginazione e a nuovi processi di stampa che consentono l’uso simultaneo di una grande varietà di effetti. (177-178, enfasi aggiunta)
Le implicazioni sono radicali. Come abbiamo visto, nell’era elettronica, il libro cessa di essere mero oggetto e diventa servizio, come l'elettricità, l'acqua, il gas. In secondo luogo, il libro diventa un processo anziché prodotto. Nello specifico:
L’era della tecnologia elettrica si colloca agli antipodi delle tecniche industriali e meccaniche in quanto è primariamente interessata ai processi anzichè ai prodotti, agli effetti anzichè ai contenuti (178, enfasi aggiunta)
Non va tuttavia dimenticato che il libro - oggetto “esotico” per le giovani generazioni cresciute in un ambiente mediale di natura televisiva, scrive McLuhan - rappresenta l'unico modo possibile per sviluppare l'individualismo (178) dato che in un contesto mediale caratterizzato dal suono e dall’informazione elettrica, obiettivi e fini non sono individuali bensì “tribali e collettivi” (179).
Il passaggio successivo è micidiale. McLuhan afferma che grazie alla macchina da scrivere e alla xerografia, si assiste a un curioso ritorno all’era pre-stampa. Si fa strada un'era vecchia-nuova in cui la la diffusione di informazioni personali, private, "segrete' diventa ordinaria amministrazione. Ai giorni nostri, questa tendenza ha raggiunto l’apoteosi con fenomeni come Wikileaks. Internet, a ben vedere, ha rimediato e ottimizzato il potenziale della macchina da scrivere e della xerografia, insieme a quelle della stampa, del video, della televisione, della corrispondenza epistolare e così via. Scrive McLuhan:
Xerox estende la funzione della macchina da scrivere fino al punto in cui il memorandum personale, segreto, diventa di pubblico dominio, come nel caso dei Pentagon Papers. Quando le annotazioni personali sono battute a macchina e quindi fotocopiate, è come se un manoscritto privato venisse distribuito al pubblico di massa. Inaspettatamente, la macchina da scrivere e la fotocopiatura ripropongono molte caratteristiche dei documenti personali scritti a mano. [...] È utile ricordare l’impatto della xerografia in quanto illustra come una tecnologia possa profondamente alterare le tradizionali relazioni tra la scrittura e il parlato. (179-180)
Nel paragrafo successivo, McLuhan ci ricorda che i vecchi media non scompaiono in seguito all’avvento di nuovi: il cinema non si estingue dopo la televisione, il teatro non cessa dopo il cinema... Tuttavia, con l’emergere di un nuovo medium, quello esistente è costretto a ridefinire la propria funzione e a trovare un nuovo tipo di pubblico:
Nel momento in cui il cinema e il grammofono, la radio e la TV diventano nuovi servizi ambientali, il libro tradizionale deve cercare un tipo di lettore completamente differente. nella misura in cui Gutenberg ha creato un nuovo essere umano, un individuo dotato di una nuova modalità percettiva, prospettive ed obiettivi, l’era elettrica della radio e del video ha forse finito per riproporre un pubblico che presenta numerose abitudini orali dell’era pre-Gutenberg. (180)
Dopo aver illustrato la funzione del libro in differenti epoche storiche, McLuhan conclude che una delle principali innovazioni dell’era elettrica consiste della democratizzazione dell’atto di scrittura. Nel momento in cui le nuove tecnologie ed infrastrutture della comunicazione trasformano ogni lettore in scrittore e publisher, si fa strada l’idea della scrittura totalizzante, dell'accesso diretto alle informazioni. Viene in mente, a questo proposito, il brillante servizio di self-publishing digitale offerta da Amazon, noto come Kindle Publishing Programs, che consente agli scrittori in potenza di diventare scrittori (e distributori) a tutti gli effetti.
Per tornare alla domanda iniziale sul futuro del libro, McLuhan risponde che da un lato, esso coincide con “un’investigazione introspettica della propria psiche". Dall'altro, "con la creazione di enormi pubblici di lettori” (184). Il libro è dunque specchio e finestra: ci consente di praticare un'analisi introspettiva, personale ed inviduale, ma anche di comunicare, in forma asincrona, con un gran numero di individui. Si tratta, beninteso, di funzioni che gli e-reader, come Kindle, possono solo espandere, trasformare, arricchire.
L’intervento di McLuhan si conclude con una frase che preannuncia ulteriori colpi di scena: “[T]he book is on the verge of totally new developments”. Il libro sta per sperimentare sviluppi totalmente nuovi…
...Sviluppi di cui parleremo in modo dettagliato nel terzo capitolo di questo saggio.
[fine seconda parte]
[questo estratto fa parte di un saggio di prossima pubblicazione]
Riferimenti bibliografici (parziale)
Bosanquet, Theodora Henry James at Work, Ann Arbor: University of Michigan Press, 2007.
Gibson, William, La notte che bruciammo Chrome, Piccola Biblioteca Oscar n. 206, Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1999.
McLuhan, Marshall, “The Future of the Book”, in McLuhan, Stephanie and Staines, David (Eds.), Understanding Me. Lectures and Interviews, Cambridge, Mass: MIT Press: 2003. 173-183.
Simmel, Georg. The Metropolis and Mental Life, in D. Weinstein, The Sociology of Georg Simmel. New York: Free Press, 1950.
Wershler-Henry, Darren, The Iron Whim: A Fragmented History of Typewriting, Itaca, NY: Cornell University Press, 2007.
Note
1.Il saggio "The Future of the Book" e disponibile in lingua inglese nel volume curato da Stephanie McLuhan e David Staines, Understanding Me. Lectures and Interviews (2003).
2. A questo proposito, cfr. Theodora Bosanquet, Henry James at Work, Ann Arbor: University of Michigan Press, 2007 e Darren Wershler-Henry, The Iron Whim: A Fragmented History of Typewriting, Itaca, NY: Cornell University Press, 2007.
3. Quasi una parafrasi della celebre affermazione di Winston Churchill secondo la quale “Noi plasmiamo edifici i quali a loro vlta ci plasmano”. L’architettura, dopo tutto, è una tecnologia.
4. Come in questo caso – le origini di questo saggio sono peripatetiche.
5. In originale: “direct brain-printing of books and data”.
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