"Farheneit 451 è uno dei mie romanzi preferiti. Bugia. Intendo il film, dato che non ho mai letto le cose di Ray Bradbury. E' la storia la storia di un pompiere sui generis, Guy Montag, che invece di spegnere incendi, li appicca. Armato di lanciafiamme, irrompe nelle case dei sovversivi che conservano parole su carta e le brucia, con sommo godimento. Il futuro immaginato da Truffaut è un tripudio di schermi televisivi e slogan pubblicitari, tecnologia pervasiva e consumismo sfrenato, ebete sudditanza nei confronti del potere. Apatia apatia tutte le feste si porta via. Insomma, Farheneit 451 siamo noi.
Chi dice che Farheneit 451 è "distopico" dovrebbe deframmentarsi il cervello. Farheneit 451 è pura utopia. E’ il migliore dei mondi possibili. Un mondo che si è liberato dal giogo della cellulosa, dell’inchiostro, della libreria Billy di compensato, delle copertine brossurate, dei segnalibri a forma di gatto persiano. Grazie a Kindle, iPad e smartphone, ci stiamo sbarazzando di quell'inutile zavorra che ci ingolfa da qualche centinaio di anni. I libri sono mero interior design. Oggetti da esporre. Per altro kitsch. Non hai ancora finito di spolverarli che sono già conciati da buttare via. I libri attraggono la polvere come delle calamite. i libri mi hanno fatto venire l'asma. E le emicranie. A grappolo. Ho smesso di leggere nei primi anni Ottanta, quando ho capito che la televisione commerciale avrebbe portato grosse novità. E’ stata la decisione più intelligente che abbia mai preso nella mia vita.
Non ho tuttavia smesso di acquistare libri. Anzi i miei acquisti si sono fatti sempre più frequenti. Ritorno a casa e tutti i giorni c'è un bel pacchettino che mi aspetta sullo zerbino. Io sono contento perché significa che ogni giorno è Natale. I libri vanno comprati ma poi devi dimenticartene immediatamente altrimenti cadi nella trappola. Ho smesso di leggere tre decadi fa, ma continuo ad assegnare ai miei studenti voluminosi tomi perché i giovani devono leggere. Il multitasking fa male, ci rende superficiali, lo dicono gli esperti, io ci credo. Ho insegnato interi corsi universitari selezionando il materiale in base alla copertina, che poi è l'unica cosa che conta davvero.
A volte mi vengono idee micidiali per le copertine e allora ci devo scrivere un libro attorno, il che non è il massimo, è un bello spreco di piante. Trovo offensiva e antiquata la nozione stessa di libro. L’idea che uno debba dedicare del tempo per leggere una sfilza di parole quando potrebbe benissimo guardarsi un video di TED di sedici minuti e trenta secondi è assurda. Che nel duemilaundici quasi dodici non sia ancora possibile uploadare le informazioni direttamente nel cervello col wi-fi o assorbirle per osmosi la dice lunga sullo stato della scienza e della tecnica. Comunque, anche come forma di arredamento, i libri hanno fatto il loro tempo. Non sopporto che titoli e autori mi interpellino continuamente dall’alto (e dal basso) della mia libreria Billy di compensato.
I libri mi chiamano, i libri mi cercano. Pretendono attenzione. Aspettano una carezza. O almeno un’occhiata. Io li ignoro, quei bastardi. Li ignoro con la stessa nonchalance zen con cui lascio impilare megabyte di email nel mio inbox prima di cancellarli d'amblé (Delete forever? YES!!! Giù nello scarico).
Quest'estate farò un grande falò sulla spiaggia. Siete tutti invitati. Ho quarantacinque scatoloni ripieni di cellulosa, parole e idee, che ho parcheggiato nella casa dei miei genitori a tempo inderminato. Libri accumulati nella mia vita precedente. Libri che ovviamente non ho mai letto, ma a cui facevo sporadicamente prendere aria, come cagnolini da passeggio. A volte uscivo con J. D. Salinger quando mi spacciavo per non-giovane romantico anticonformista. A volte uscivo con Guy Debord, per fare il fico e dire, ecco, lui aveva già capito tutto nel sessantasette e Baudrillard non ha inventato nulla - commento che ho sentito una volta a lezione e cho fatto mio per sempre.
Adesso che giro con l'iPad nessuno può vedere cosa non sto leggendo o fingendo di leggere e questo a mio avviso è problematico. Un libro senza copertina non è un libro. C'è di buono che potrò finalmente svuotare completamente la casa. Dopo aver fatto piazza pulita di cd musicali e dvd ora tocca alla carta. Il peso specifico della carta mi opprime. Il peso specifico della carta mi deprime. La carta puzza e diventa gialla come l'urina dopo un po' mentre i bit non hanno odore. L'avvento della nuvola favorisce il minimalismo, lo "spazio negativo" e soprattutto il feng shui. La nuvola è ecosolidale. Oggi le informazioni - musica, immagini, video etc. - sono come l'acqua e la luce, apri il rubinetto, azioni l'interruttore ed escono i bit. Just in time. Accesso non possesso.
I ricchi accedono ad esperienze, i poveri accumulano cose. Tipo i libri. Avete notato che i poveri collezionano un mucchio di parole inutili? I libri richiedono troppo spazio. In casa e nel cervello. E rendono tristi. Liberarsi dei libri e' un'esperienza quasi zen, inebriante. Sono leggero, leggerissimo. Mi sento come il protagonista di quello splendido racconto di J.G. Ballard, "L'enorme spazio" (1990) che ovviamente non ho letto, ma di cui ho visto l'adattamento della BBC a suo tempo. Per fortuna le catene americane di libri stanno fallendo una dopo l'altra, tipo Borders. Anche Barnes & Noble va male. Non cerco comprensione, ma combustione. Ho appena ordinato un lanciafiamme su Amazon con l'opzione "un click". Il Grande Suggeritore ha rilanciato proponendo una tanica di propano.
Consegna gratuita via corriere in due giorni." (Matteo Bittanti, WIRED)
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