Sull'ultimo numero di WIRED (maggio 2011) si parla di fotografia mobile.
Di seguito potete leggere la versione "extended" e "uncut" del mio articolo:
All'inevitabile declino della televisione come strumento per comprendere il mondo fa da contro altare l'irresistibile ascesa della fotografia. Una fotografia ludica e sbarazzina, a bassa definizione (relativamente parlando), ma condivisibile in tempo reale (o quasi) con il mondo intero. Una fotografia che fa a meno della cosiddetta macchina fotografica per reinventarsi come semplice applicazione di quel metamedium/megamedium che è lo smartphone. La fotografia di cui parlo ha vari nomi: Instagram e Hipstamatic, flickr e Picasa, Path e Pictory, 3DS e Polaroid.
Mentre la televisione esclude, isola ed immobilizza gli individui attraverso lo spettacolo debordiano, la fotografia digitale include, collega e mobilita attraverso immagini debordanti. App come Instagram, Path e il recente Color ci consentono di entrare a far parte di una comunità geograficamente dispersa, locale e globale, che riunisce fotografi amatoriali intenti a scattare, condividere e commentare immagini catturate via smartphone. Immagini facilmente manipolabili per mezzo di filtri speciali ed estetiche vintage, perché la fotografia è il medium che meglio di ogni altro ci consente di appropriarci del mondo e, nel contempo, di imprimergli una struggente nostalgia, come ci ricorda Susan Sontag: "I fotografi impongono sempre i loro standard alle cose che fotografano" (Sulla fotografia, 1977).
Il "mio" standard Hipstamatic prevede una pellicola Blanko, un flash Berry Pop e una lente Helga Viking. Armato di questi strumenti, colleziono immagini che modificano la mia percezione della realtà, trasformando il banale in epica, il prevedibile in magico, il monotono in glam. A differenza delle macchine fotografiche digitali punta-e-scatta, per tacere delle DSLR, le app per iPhone hanno ridotto al minimo la soglia di ingresso e le competenze necessarie per collezionare istanti della nostra vita e renderli automaticamente glamour. Grazie ad effetti speciali che richiedono una semplice ditata, chiunque può emulare lo stile di artisti come Olivo Barbieri, Nan Goldin, Michael Wolf, Andreas Gursky e Thomas Ruff e diventare una micro-celebrità nei circoli virtuosi del photosharing.
A proposito di Barbieri... Vi ricordate quando il tilt-shift era una novita'? Nell'era digitale l'effetto wow dura quindici secondi prima di diventare mainstream. E' la democratizzazione della rete. C'e' un'app per tutto, cultura visuale inclusa.
Beninteso, il fenomeno è tutt'altro che nuovo: non dimentichiamo che l'avvento del world wide web e la diffusione delle prime macchine fotografiche digitali è praticamente simultaneo. La loro evoluzione va di pari passo e oggi Facebook è il più grande contenitore di immagini digitale del mondo. Il successo planetario delle piattaforme mobili e l'emergere di servizi di social network ad hoc ne sta ridefinendo funzione e rilevanza sociale. Instagram (2+ milioni di utenti registrati) è a un passo dal tipping point: creata da due ex-studenti di Stanford, Kevin Systrom e Mike Krieger, e premiata come migliore app all'ultima edizione di SXSW, potrebbe diventare il nuovo Twitter (200+ milioni di utenti registrati).
La logica "ludica" di Instagram è manifesta ma non fastidiosa e puramente ostentativa come quella di FourSquare: posso tentare di competere con gli altri utenti e racimolare “likes” con le mie creazioni. Oppure limitarmi a un commento, uno share, un pollice su. Oppure ancora distribuire pezzetti della mia vita su flickr, Facebook, Twitter. Grazie al design pulito, il prezzo al pubblico decisamente interessante (zero centesimi) e alla facilità d'uso, Instagram costruisce interi mondi di immagini, simulando quel senso di intimità che Facebook o FourSquare non saranno mai in grado di offrire. Ti fa sentire parte di qualcosa – un evento, una situazione, una storia. I ricordi iconografici dell'otaku nel Giappone apocalittico post-terremoto diventano automaticamente i miei ricordi – come i replicanti immaginati da Ridley Scott, mi sorprendo a ricordare fatti che non ho mai vissuto personalmente.
Le relazioni tra gli utenti sono il frutto di reazioni spontanee all'istantanea proposta. Niente di più, niente di meno. Ancora una volta, Susan Sontag è stata profetica: "La fotografia è diventata uno degli strumenti principali per sperimentare qualcosa, per creare un'apparenza di partecipazione" (enfasi aggiunta). Gli fa eco Roland Barthes, che nel 1980 scriveva: "Nell'era della fotografia assistiamo all'esplosione del privato nel pubblico, o meglio, alla creazione di quella nuova valuta sociale che è la pubblicizzazione del privato". Cliccando sulla tag “Popular” - che aggrega le foto che si aggiudicano il maggior numero di likes - possiamo cogliere il mood di una città, di un quartiere, di uno specifico segmento demografico, di una sotto-cultura. Dimmi cosa - e soprattutto come - scatti e ti dirò chi sei.
Instagram rende possibile una forma particolare di voyeurismo etnografico: ci fa vivere, in forma vicaria, le 'scoperte' urbane, suburbane e rurali di fotografi amatoriali che non abbiamo mai incontrato nella vita "reale” ma che sogniamo di conoscere: la fashion designer di New York, lo skateboarder di Los Angeles, lo scrittore romantico di Portland, il geniale programmatore di Seattle. Ma anche di vedere con "occhi diversi" la realta' di tutti i giorni, quella che tendiamo a ignorare o dare per scontata: l'homeless che dorme avvolto nei giornali, la gente in coda per salire sul bus, il gestore del drugstore messicano, gli hipster che strollano su e giu' per Mission Street. Instagram mi spinge a guardare meglio, a guardare di piu'. A guardare sempre. A tenere gli occhi aperti. L'iPhone e' il mio terzo occhio.
Documentare. Registrare. Archiviare. App come Foodspotting ci dicono chi mangia cosa dove quando. Ce n'è per tutti i gusti. Mi servo di Instagram per documentare il mio consumo di caffeina e per celebrare l'arte della schiuma. Questa foto, che ho scattato da The Grove su Fillmore Street, e' tante cose e niente in particolare: una forma di personal tracking, un reminder delle piccole grandi gioie quotidiane, un omaggio alla sublime tecnica dei baristi di San Francisco...
Nel capolavoro di Tom Ford, A Single Man, il professore universitario George Falconer ha un filtro Instagram impiantato direttamente nella retina. Prossimo al suicidio, vive la sua ultima giornata contemplando la sublime bellezza del mondo. Ford rende questa serie di epifanie - veri e propri orgasmi visuali - saturando l'immagine: il grande schermo si riempie di colori vibranti e sgargianti. George Falconer scatta fotografie nella propria mente e si illumina d'immenso. Da sfuocata e opaca, la realta' diventa improvvisamente brillante, quasi accecante. Un momento il "mondo e' grigio, il mondo e' blu". Ma basta poco perche' diventi arcobaleno. Non c'e' nulla di oggettivo nella fotografia.
L'estetica Instagram ritorna in un altro recente film, Limitless (Neil Burger, 2011). In questo caso e' una sostanza stupefacente - una droga sperimentale - a trasformare radicalmente la percezione della realta' del protagonista, uno scrittore squattrinato che diventa, quasi instantaneamente, un'icona:
"Al pari del George Falconer di Tom Ford, anche Eddie Morra spesso percepisce il mondo attraverso i filtri di Instagram: cromatismi saturi, estetica instant vintage, lenti grandangolari. Con la differenza fondamentale che Falconer è un eroe tragico, mentre Morra un tragico superhero, un personaggio dei fumetti modello Neo di Matrix - non a caso, evocato in un'orgia metareferenziale che regala calde emozioni a semiotici e fanboys" (Rolling Stone, maggio 2011 => fonte)
La nostalgia instantanea prodotta da Instagram è, al tempo stesso, un inno alla vita, una celebrazione del quotidiano, una glorificazione del presente e, insieme, la sua eulogia, il suo canto funebre: trasformando il qui ed ora nel trapassato remoto - gli anni Settanta - Instagram è intimamente legata all'idea di morte, dell'esserci stati, del non esserci piu' e/o del non esserci mai stati. Ma la nostalgia nega la morte, rifiuta il passato, presentificandolo, reificandolo. Cosi' facendo, pero', cancella il presente, relegandolo a una categoria temporale non ben definita. Instagram è una macchina del tempo. Siamo tutti viaggiatori.
Sviluppato da Bloom - la start-up che ha creato il visualizer galattico per iPad, Planetary - cartagr.am, un software che "mappa" le relazioni tra fotografi e fotografie, spazi virtuali e fisici, in modo visivamente intuitivo e insieme stimolante. La mappa, il territorio. Mappatura e fotografia, del resto, vanno a braccetto. Si tratta di trasformare una pratica quotidiana e individuale qual e' la fotografia in una forma espressiva che mette d'accordo data visualization e arte. Cartag.am e' un vero e proprio cartogramma, in quanto misura, in tempo reale, una determinata variabile (la fotografibilita') di una specifica area geografica, visualizzando le immagini scattate via Instagram su una mappa in continua evoluzione.
E per restare in tema di fotografia "ludica", forse non tutti sano che una delle caratteristiche più interessanti della nuova console portatile di Nintendo, 3DS, è la possibilità di scattare immagini tridimensionali. Anche in questo caso, le immagini 3D ottenute con la camera della console sono a bassa definizione (640 * 480) perché preservare il momento conta più dei milioni di pixel. Come molte aziende nipponiche, Nintendo non ha ancora pienamente compreso l'importanza del Web 2.0 e infatti non ha predisposto un efficace servizio di sharing online delle immagini ottenute (= epic fail). Per il momento, gli utenti le condividono attraverso siti indipendenti come 3Dporch. Ciononostante, se c'è una piattaforma che potrebbe favorire la diffusione delle foto 3D grazie al suo potenziale mass market è proprio il 3DS.
Ultimo, ma non meno importante, segnaliamo un fenomeno apparentemente paradossale: alla sistematica smaterializzazione dell'immagine fotografica – la cui trasmigrazione dalla carta allo schermo anticipa di oltre un decennio quello del libro – si accompagna il ritorno all'era Polaroid e della Lomo (qui intese come apparecchiature, non semplice estetica).
Mi riferisco alla pratica sempre più diffusa di stampare immagini a bassa risoluzione su carta fotografica per scambiarle con gli amici, appiccicarle sul frigorifero, sulle pareti della cameretta e incollarle sulle pagine dei diari. Se c'è un gadget che potrebbe spopolare tra i teenagers - ma non solo - è una photo-printer a basso costo per Hipstamatic e Instagram. Ce ne sono diverse in giro sviluppate per le nuove macchine Polaroid (un esempio), ma per il momento nessuna supporta l'iPhone – l'indifferenza di Apple alle pressanti richieste dei produttori mi fa pensare che l'azienda di Cupertino abbia in cantiere un gadget proprietario.
Da parte sua, postagram consente di selezionare e stampare fotografie ottenute con Instagram in formato "sticker" e cartolina, al modico prezzo di 99 centesimi. Keepsy ti permette di creare un Insta-album fotografico e di condividerlo su Facebook e Twitter e con $30 ti porti a casa la versione "analogica", su carta. Con Hatchcraft, infine, e' possibile farsi stampare e incorniciare le Insta-foto. Nel passaggio dalla dimensione digitale a quella tangibile, la foto si "impreziosisce" grazie a una cornice di bambu. Il contesto, come sempre, e' tutto. Se ancora non fosse chiaro, Instagram ha creato un vero e proprio ecosistema fotografico, un ecosistema al tempo stesso tecnico e sociale, digitale e fisico.
In tutti i casi, le foto oggi le tocchi con le dita. Sullo schermo, sul frigo. Foto digitale - digit - numero - dita e ditate - impronte - tracce - storia. La mia, la tua, la nostra.
Del resto, l'internet dello cose e il 3D printing sono dietro l'angolo. Per capire il futuro delle immagini nell'era digitale - se non della comunicazione tout court - dobbiamo prestare massima prestare attenzione al modo in cui oggi milioni di persone usano Instagram, 3DS e Polaroid. La televisione mi impone una visione di mondo falsamente oggettiva, definita a monte.
L'immagine televisiva e', per definizione, falsa e demagogica. La societa' dello spettacolo catodico produce il mostro videocratico - un regime para-fascista che si alimenta grazie a una cultura visuale tossica e radioattiva. C'e' della gente che mi dice cosa pensare. Come pensare. Cosa credere. Chi votare. L'immagine televisiva mi rende passivo. Mi imbruttisce. Dentro.
La fotografia digitale, per converso, mi consente di ri-appropriarmi del mondo. Interpretarlo a mio piacimento. Reinventarlo. Dal basso. Filtrarlo. Trasformarlo. Mi mobilita e mi ttiva. La realta' come volonta' e rappresentazione. Fotografica.
Matteo Bittanti
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