"L'anno che sta per concludersi e' stato particolarmente ricco di proposte nell'ambito della Game Art o arte videoludica, espressione che indica interventi artistici che utilizzano il videogioco e le sue convenzioni estetiche per finalita' extraludiche. Fenomeno relativamente recente nell'ambito dell'arte contemporanea - i primi esempi consapevoli risalgono infatti ai primi anni Ottanta - la Game Art include un ventaglio di opere che spaziano dalla pittura all'architettura, dalla scultura alle installazioni video.Vi proponiamo una selezione ad hoc delle dieci opere di Game Art piu' interessanti del duemiladieci. Non si tratta tanto di una classifica quanto di un'antologia, una finestra spalancata su un mondo in cui arte e videogame s'incontrano (e scontrano) generando inedite forme espressive.
Partiamo.
I paradossi domestici di Robert Overweg
Robert Overweg, "House for sale, 50.000 sq. ft.", scultura, 2010. Basata su un "reale" edificio presente nel videogioco Left 4 Dead 2 (immagine: KOP, Breda)
"Il mondo virtuale e' ricco di elementi architettonici che si ripetono, nelle strade, sui tetti, sulle pareti. Nel mondo virtuale, un'abitazione non presenta una volumetria solida, i muri sono spessi meno di un pixel e quando un giocatore attraversa una porta, spesso le pareti scompaiono," scrive l'artista e fotografo Robert Overweg. Attraverso quest'opera - una riproduzione a grandezza naturale di un edificio presente in Left 4 Dead 2 - Overweg trasferisce elementi tipici di un ambiente videludico all'interno del cosiddetto "reale", ovvero nella dimensione tangibile e concreta di una galleria, sollevando una serie di domande sulla legittimita' ontologica ed epistemologica di un simile atto. La scultura/installazione di Overweg ricorda le opere di Damiano Colacito, l'artista italiano che ha conferito consistenza materica a sparatutto in soggettiva come Return to Castle Wolfenstein e Doom. E' interessante vedere l'evoluzione artistica di Overweg, le cui produzione consiste soprattutto in fotografie degli spazi videoludici (memorabile, a questo proposito, la serie "Glitch", 2010, visibile qui).
Le battaglie iper-reali di Josh Bricker
Josh Bricker, "Post Newtonianism", video a due canali, 2010.
Unica opera di Game Art inclusa nella biennale video del Guggenheim Museum di New York, YouTube PLAY @Guggenheim, "Post Newtonianism" e' un video che mostra, in split-screen, sequenze di un "reale" attacco americano in Iraq distribuito da Wikileaks e sequenze del videogioco Call of Duty: Modern Warfare. La colonna sonora alterna dialoghi tratti dall'attacco "reale" e del videogioco. Il titolo dell'opera, "Post Newtonianism" rimanda agli scritti di Edward Said. Con quest'opera, Bricker si propone di "portare in primo piano le strutture di potere che dominano le nostre esistenze; quelle a cui assistiamo quotidianamente, che diamo per scontate e a cui partecipiamo (consapevolmente e inconsapevolmente)". Bricker ambisce inoltre a "rivelare artifici tradizionali, gerarchie culturali dominanti, sistemi sociali e i loro effetti, evidenziare le strutture, vere e proprie armature, per rendere possibile la creazione di nuove e inaspettate connessioni, nonche' verita' personali". Pur non trattandosi di una strategia inedita - il rapporto tra stumenti della visione e della tecnologie della distruzione e' stato discusso in modo convincente ed esasutivo da Paul Virilio e Jean Baudrillard - "PostNewtonianism" e' un'opera interessante, che sembra confermare, per lo meno sul piano estetico, le ansie postmoderne dei teorici francesi.
I controller fossili di Christopher Locke
Christopher Locke, "Ludustatarium temperosony - Commonly referred to as ("Playstation controller" or "Dual Shock")", 2010, cemento.
L'intento retromoderno Christoper Locke ha pochi eguali sulle scene della Game Art contemporanea. I suoi "fossili moderni' sono sculture in cemento che modellano le interfacce di controllo delle console dell'ultima generazione e che presentano come "obsoleto" lo stato-dell-'arte del divertimento elettronico contemporaneo. Ho visto "Modern Fossils" all'aereoporto internazionale di San Jose'. Una collocazione perfetta per delle opere che mettono in discussione presente, passato e futuro: come ci ricorda Marc Auge', l'aereoporto e' il non-luogo per eccellenza, in cui spazio e tempo sono compressi e insieme annullati. Inoltre, San Jose' e' la capitale della Silicon Valley, una regione che e' insieme un luogo mentale, uno spazio fisico in cui e' stata messa in discussione la natura stessa della geografia in un mondo tecnologicamente globale. "Si tratta di fossili moderni, creati da tecnologie arcaiche che un tempo rappresentavano il non plus ultra - scrive Locke - "La maggior parte di questi artefatti sono stati rinvenuti negli Stati Uniti, sebbene le varie specie erano un tempo diffuse ovunque. E' triste, ma la maggior parte di queste unita' hanno avuto una durata di vita assai breve. La maggior parte degi studiosi attribuiscono il fenomeno alla presenza di predatori aggressivi o ai ritmi evolutivi particolarmente rapidi, ma scoperte recenti hanno smentito queste ipotesi. Alcuni studi sembrano dimostrare che il declino della maggior parte di questi oggetti sia attribuibile al consumismo sfreanto e allo spreco che caratterizza la catena alimentare". Il gusto ironico e meta-referenziale dell'artista - unita a un'esplicita critica al iper-consumismo tecnologico tipico della nostra era- e' godibile quanto le sue opere. Qui potete vedere una selezione dei fossili moderni.
I giocatori arrabbiati di Nia Burks
Nia Burks, "Angry Gamer", video, 2010.
L'angry gamer, o giocatore incazzato, costituisce un genere video assai popolare su YouTube. E' un fenomeno che ho investigato in passato, duranti i miei trascorsi a Berkeley, e che mi e' particolarmente caro. L'angry gamer non e' l'hooligan dell'era digitale, ma un soggetto che crea performance teatrali, miscelando geek culture e machismo technoludico, capitale sub-culturale e violenza verbale. Il processo di emulazione tipico della rete - che si estrinseca, tra le altre cose, con la proliferazione di video-risposte - spiega l'enorme produzione di video in cui i videogiocatori irascibili si producono in esplosioni di isteria e nichilismo sempre piu' oltraggiose. Nia Burks ha raccolto e rimontato alcune di queste manifestazioni nell'ambito di un progetto di archiviazione e catalogazione dei contenuti generati dagli utenti (user-generated content) sui siti di social network. Il video risultante e' visibile qui. "Cosa e' vero e cosa e' finto [in rete]? Perche' partecipiamo? Perche' registriamo immagini con l'intento di distribuirle a una massa indistinta? Qual e' il senso ultimo dei nostri comportamenti?" si domanda Nia Burks. Il video non fornisce risposte definitve. Al contrario, solleva nuove domande. Di certo, "Angry Gamer" solletica l'istinto voyeuristico in tutti noi. E lo stesso vale per l'eccellente video di Eva & Franco Mattes, "My Generation" (2010). Quasi una video-riposta.
Il minimalismo cromatico di Ashley Browning
Ashley Browning, "Street Fighter - Abstract Edition", stampa digitale, 2010
Adoriamo il minimalismo cromatico del giovanissimo Ashley Browning. Nella serie "Infinite Continues", Browning decostruisce i videogiochi contemporanei fino a ridurli a poche linee di colore. L'essenza dell'arte interattiva in movimento, sembra suggerire Browning, va rinvenuta nella palette e, soprattutto, negli effetti che tali colori determinano sulla psiche del giocatore. Parlando di "Street Fighter - Abstract Edition", Browning ha scritto: "Si tratta di un pezzo unico, una sorta di dipartita dalla mia serie Minimalistica. Il mio obiettivo era quello di cogliere la natura specifica di Street Fighter. Inizialmente pensavo che la mia opera fosse inconsciamente influenzata dalle suggestioni dello stile Bauhaus/De Stijl, ma dopo averlo completato, mi sono reso conto che evocava l'estetica dei videogiochi primitivi per console come Atari 2600 e Intellivision." Non potremmo essere piu' d'accordo.
Le sculture arcade di Ben Bunch
Ben Bunch, "Pop-Up", schiuma, ferro, cartone e colla, 32 x 32 x 15 inches, 2010
Nato nel 1977, a St. Louis, Missouri, Ben Bunch e' un artista e sculture che risiede e lavora a New York. Nel 2010 ha prodotto una serie di sculture "esplose" di cabinet arcade e coin-op. la nostra preferita e' "Pop Up", un gioco a gettoni fatto di cartone, schiuma e cavetti di ferro "sventrato" in modo creativo dall'artista. Ugualmente affascinante e' "Drill, Baby Drill", una scultura frankenstein che unisce un joystick per Atari 2600 a un martello pneumatico. Se Michel Gondry amasse i videogames (in realta', li odia), probabilmente creerebbe cose simili. Qui potete vedere una selezione di opere di Bunch.
La caccia al tesoro artistico di Kristoffer Zetterstrand in Minecraft
Kristoffer Zetterstrand, quadro in lavorazione, olio su tela, 2010.
Frutto della fantasia esplosiva del game designer svedese Markus “Notch” Persson, Minecraft è un videogame di costruzioni per adulti, un Lego procedurale che miscela pixel art e retrofuturismo. Introdotto in versione “alpha” nella primavera del 2009, Minecraft si è sviluppato rapidamente, grazie al supporto e all’entusiasmo di oltre due milioni di utenti. Con gli introiti ottenuti dalle vendite della versione in progress (!), Persson ha potuto fondare un studio, Mojang Specifications e ottimizzare codice e funzioni di un progetto nato come passatempo. Tra i suoi collaboratori spicca l'artista svedese Kristoffer Zetterstrand. Per chi non lo sapesse, Zeta ha debuttato nel 2002 con una serie di dipinti ispirati a Counter-Strike per poi sviluppare una peculiare Game Art a 8-bit. Nel 2010, il trentottenne artista ha avviato un'interessante collaborazione con Persson. Diciannove dei suoi splendidi dipinti videoludici sono stati digitalizzati e disseminati nel mondo di Minecraft. Zetterstrand ha inoltre offerto un quadro ad hoc (di cui potete vedere un'immagine), al vincitore di una competizione lanciata qualche mese fa. L'autore della migliore texture per Minecraft si portera' a casa l'opera di Zeta. Un'iniziativa ricorsiva, auto-riflessiva e meta-referenziale, in cui il confine tra l"'opera che ispira" e l'"opera ispirata" finiscono per confondersi, creando interessanti corto circuiti epistemologici.
Le performance in Counter-Strike di Yann Bausquenne
Yann Bauquesne, performances in Counter-Strike, 2010
Nel corso del 2010, l'eclettico artista francese Yann Bauquesne ha prodotto una serie di performance realizzate nel celebre sparatutto in soggettiva Counter-Strike. In situazioni di breve e brevissima durata - solitamente uno o due minuti - Bauquesne illustra alcuni dei paradossi di un gioco che ambisce al realismo massimo per mezzo del massimo della finzione (leggi: la simulazione videoludica). I titoli stessi delle performance - "autodafe", "useless soldier" e cosi' via - rendono bene l'idea. Qui e qui potete trovare la selezione completa delle opere. Da non perdere, inoltre, "Violence Waste", la scultura di Super Mario realizzata interamente con pallottole - il senso dell'operazione diventa trasparente quando si stabilisce il collegamento tra le varie accezioni del termine inglese "cartridge", ovvero cartuccia (intesa come arma, munizione ma anche come supporto di registrazione di una console). Get it?
Le citta' virtuali di Marco Cadioli
Marco Cadioli, "Gcity", video, 2010.
Nel 2010, l'artista italiano Marco Cadioli aka Marco Manray ha dato vita a un interessante progetto di cartografia elettronica, culminato con l'opera "REMap: Berlin". In "Gcity", Cadioli prosegue la sua esplorazione degli spazi virtuali con un volo mozzafiato sulle citta' che stanno emergendo in Google Earth. "Grattacieli che si ergono maestosi nel nulla di un mondo virtuale, disabitato e silenzioso," ha scritto Cadioli. Per quanto Google Earth non sia propriamente un videogame, il sistema di mappatura interattiva dell'azienda di Mountain View, California include elementi tipicamente ludici: oltre all'estetica, anche l'opzione "flight simulator" (senza contare una video installazione/pseudo arcade game come "Liquid Galaxy" installata al Tech Museum lo scorso settembre) ergo rientra a pieno titolo nell'alveo della Game Art.
Il viaggio notturno di Bill Viola
Bill Viola, "The Night Journey", immagine tratta dal videogame, 2010
Frutto della collaborazione tra uno dei piu' celebrati video artisti di tutti i tempi e il dipartimento di arti interattive della University of Southern California, (una fucina di talenti da cui sono usciti, tra gli arti Kellee Santiago e Jenova Chen aka thatgamecompany) "The Night Journey" e' un videogioco sperimentale che costringe i videogiocatori a rallentare la loro marcia in un mondo virtuale monocromatico. Il giocatore assume i panni di un personaggio indefinito che si muove in scenari bui e inquietanti. Accelerando il passo, la risoluzione delle immagini diminuisce, fino a raggiungere un livello di sfocatura massima. Onirico, quasi un'allucinazione, "The Night Journey" sollecita la riflessione e l'introspezione, sovvertendo le regole di fruizione tipiche dei videogame. A tutti gli interessati alla genesi e sviluppo dell'opera consigliamo caldamente la visione integrale della lecture di Viola. Il video e' disponibile qui." (Matteo Bittanti, WIRED)
Comments