A sinistra, la "vecchia" biblioteca del Dipartimento di Ingegneria dell'Universita' di Stanford.
A destra, il nuovo edificio, ottagonale, che contiene "solo" 10,000 volumi cartacei.
Photo credit: Immagini di napoleon 74 su flickr
Interrogarsi sul futuro del libro inteso come medium significa innanzitutto interrogarsi sul futuro della lettura come pratica sociale. Se per lettura intendiamo il consumo di informazioni, innumerevoli studi confermano che, negli ultimi dieci anni la nostra dieta si e’ fatta sempre piu’ ricca e variata. Forse troppo. Diversi ricercatori sostengono che la vera patologia dell’era digitale e’ l’information overload, l'eccesso di dati. Sommersi e distratti da ondate di informazioni, avremmo dunque perso la capacita’ di concentrarci e di riflettere (e’ la teoria di Nicholas Carr, autore di The Shallows. What the Internet is Doing to Our Brains (2010), per esempio, ma anche di William Powers, autore di Hamlet's Blackberry. A Practical Philosophy for Building a Good Life in the Digital Age (2010).
Per converso, altri - come Clay Shirky, autore di Cognitive Surplus. Creativity and Generosity in the Connected Age (2010) - fanno notare che il consumo (e la produzione) di informazioni e’ indipendente dai formati e dai supporti. Un libro cartaceo non e' altro che una tecnologia a bassa definizione, un semplice contenitore di dati cosi’ come la musica non e’ un compact disc o un vinile – l’errore che molti commettono e’ quello di confondere il contenitore per il contenuto. Questi dati - parole, immagini, diagrammi, formule etc. - possono essere distribuiti attraverso altri canali (un tablet, un e-reader, lo schermo di un computer o di uno smart phone, persino una console videoludica) senza compromettere, danneggiare o sminuire la qualita’ dell’esperienza o l’integrita’ delle idee trasmesse. Semmai, le potenzialita’ delle nuove tecnologie (multimedia, hyperlink, mondi virtuali etc) possono potenziare, espandere ed arricchire la conoscenza tour court, creare nuove modalita' di apprendimento, definire nuovi campi di competenza.
Il dibattito e’ affascinante, ma il tema discusso e’ troppo complesso e articolato per poter essere adeguatamente esaminato qui (ma ci torneremo sopra, presto). In questa sede vorrei invece segnalare un’interessante iniziativa delle biblioteche dell’Universita’ di Stanford, dove lavoro da circa un lustro, che ha gia' suscitato un notevole interesse negli Stati Uniti.
Premessa. Stanford possiede uno dei sistemi bibliotecari accademici piu’ sofisticati al mondo. Ogni dipartimento possiede una biblioteca e degli archivi che rappresentano lo stato dell’arte della conoscenza mondiale. Pur essendo collegati alla biblioteca centrale, ogni dipartimento mantiene una propria autonomia. Questo approccio "federale" alla conservazione delle informazioni consente una massima autonomia alle varie branchie. Ogni biblioteca e' libera di sperimentare modelli differenti e applicare differenti strategie nell'interesse dell'accesso e della preservazione dei dati.
Com’e’ facilmente intuibile, il dipartimento di Computer Science e Ingegneria e’ quello piu’ intraprendente e liberale, mentre l’approccio degli archivi di italianistica e delle materie umanistiche e’ piu’ cauto e tradizionale. Camminando per i corridoi della nuova biblioteca di Ingegneria (Terman Engineering Center Library), per esempio, non si puo’ fare a meno di notare che gli scaffali siano in gran parte vuoti. La ragione e’ semplice: negli ultimi cinque anni, tutte le pubblicazioni accademiche e la maggior parte dei volumi (all’ultimo conteggio, oltre ottantamila) sono stati interamente digitalizzati. Gli studenti possono accedere ai “libri” – o meglio alle informazioni digitali – attraverso i loro computer portali, tablet o smartphone. Nella biblioteca sono presenti inoltre numerose postazioni di computer ed e-reader.
Non si e’ trattato semplicemente di digitalizzare ogni volume: le informazioni contenute sono state interamente indicizzate ergo gli studenti possono reperire i dati che stanno cercando in modo quasi istantaneo. Il due agosto 2010. la nuova biblioteca di Ingegneria dell’Universita’ di Stanford fara' il suo debutto ufficiale. Si tratta di uno spazio simultaneamente fisico (dato che ha una presenza tangibile all’interno del campus - uno splendido edificio ottagonale di due piani) e virtuale (dato che non contiene libri, ma nuvole di informazioni accessibili via wi-fi). Al momento, gli scaffali della biblioteca 2.0 ospitano circa diecimila volumi, che “spariranno” entro un anno.
Nella sua configurazione attuale, la nuova biblioteca contiene l’85% dei volumi in meno rispetto a quella precedente. Una delle ragioni che ha spinto i responsabili dell’universita’ di Stanford a fare a meno delle copie fisiche (che vengono tuttavia conservati in spazi fuori dal campus) e’ che la maggioranza dei volumi archiviati non sono stati presi a prestito - o persino consultati in situ - negli ultimi cinque anni. Ergo, nel momento in cui il libro diventa un inutile e costoso soprammobile, tanto vale liberarsi del suo scheletro di cellulosa e colla.
Prima di lamentare il declino della cultura, la morte dell'intelligenza e l’istupidimento collettivo, va precisato che il consumo di informazioni da parte degli studenti non e’ cessato. Al contrario, e’ aumentato. Considerevolmente. Ad essere cambiate sono le modalita’ di accesso. Oggi sempre piu' studenti usano strumenti come Google Books e Project MUSE per accedere alle informazioni. Nel ventunesimo secolo, l’idea che qualcuno non possa accedere a un libro perche’ e’ stato preso in prestito da un altro studente/docente e la biblioteca possiede una sola copia e’ obsoleto e arcaico.
La digitalizzazione dei volumi consente ai docenti di creare dei reader sempre aggiornati (io stesso uso reader digitali per i miei studenti del California College of the Arts dal 2007). Le nuove tecnologie consentono inoltre di annotare i libri (singolarmente o collettivamente), sottolinearli (idem come sopra) e tagliare-e-incollare diversi passaggi (per una citazione e altro). Semplificando, si potrebbe affermare che nel passagio dalla carta agli schermi, si perde qualcosa (la fisicita' della carta, per esempio), ma si guadagna qualcos'altro. I nuovi media non rimpiazzano mai completamente quelli precedenti. Semmai li completano, espandono, trasformano.
Il modus operandi della biblioteca di Ingegneria ha creato un intenso dibattito nel campus, e, com’era lecito attendersi, i nomi di George Orwell e soprattutto di Ray Bradbury sono stati evocati ad nauseam, specie dalla vecchia guardia. Per chi, come il sottoscritto, partecipa da diversi anni al progetto di Digital Preservation dell'Universita' di Stanford, l'idea suona tutt'altro che folle.
Per il momento, nessun altro dipartimento ha annunciato la decisione di rimuovere le copie fisiche dei libri e delle pubblicazioni dagli scaffali. Ma lo spazio fisico e’ una risorsa limitata – gia’ da diversi anni, Stanford ha trasferito milioni di volumi in biblioteche fuori dal campus (per esempio, la libreria ausiliaria a Palo Alto) – e non e’ pensabile poter continuare ad accumulare tonnellate di carta nel secondo decennio del ventunesimo secolo.
Da parte loro, gli studenti non sembrano particolarmente preoccupati dell’assenza di atomi: si trovano infatti perfettamente a loro agio a gestire bit di informazioni. Si noti, per altro, che il modello Stanford non e’ unico. Il dipartimento di Ingegneria dell’Universita’ di San Antonio, in Texas, offre un servizio simile e una decina di altre universita', tra cui Cornell, stanno studiando o applicando sistemi analoghi.
Sono in molti a credere - per lo meno negli Stati Uniti - che entro quindici anni, le biblioteche universitarie non avranno libri di carta sui propri scaffali.
Buone letture,
Matteo Bittanti
related: kevin kelly, lettura centripeta vs. lettura centrifuga
link: Terman Engineering Center Library official site
link: Il dibattito su NPR (in inglese)
Update (9/22/2010): Questo articolo e' stato pubblicato su Duellanti (Settembre, 2010)
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